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Il gioco «divino» del Bitonto calcio fa di don Ciccio uno dei suoi più grandi ultrà

Il gioco «divino» del Bitonto calcio fa di don Ciccio uno dei suoi più grandi ultrà

 
mario sicolo

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mario sicolo

Il Bitonto calcio gioca così «divinamente» che anche don Ciccio è uno dei più grandi ultrà

Il sacerdote sugli spalti non si perde una partita del Bitonto C5femminile: «Queste ragazze danno un significato davvero alto alla pratica sportiva»

Venerdì 08 Marzo 2024, 08:00

Che il Bitonto C5 Femminile giocasse «divinamente», lo avevamo arguito dai risultati strabilianti di capolista invitta del campionato di serie A di futsal e dalla manovra avvolgente e, spesso, letale. Adesso, però, arriva pure la «consacrazione» di questa estetica grandezza delle neroverdi di coach Gianluca Marzuoli da un tifoso davvero speciale: don Ciccio Acquafredda. Perso il papà Giacomo sul fronte russo, per decenni professore di religione cristiana, prete storico della chiesa di San Domenico e poi parroco rettore della Cattedrale, un’esistenza intera votata al bene seguendo la parola di Dio, il sacerdote, 85enne ma atletico anzichenò, si issa ogni domenica sugli spalti vocianti del «PalaPansini» di Giovinazzo per sostenere le calcettiste del patron Silvano Intini: «È una squadra bella, bellissima, molto interessante». Squilla d’allegria la voce di questo magnanimo uomo di chiesa: «Sono stupende, eccezionali, sono l’emblema di una sorta di positiva baldanza giovanile. Mi piacciono perché giocano sempre con il sorriso, con una gioia nel cuore che è espressione di una ferrea volontà. Sì, si vede che amano fare quel che fanno. Si parla sempre di professioni da svolgere come una missione, ecco io sono convinto che le nostre leonesse abbiano una autentica vocazione per questa disciplina, che, pur essendo minore, se interpretato in modo nobile come fanno loro, allora diventa di grande valore educativo».

Quasi ci fosse qualcosa di evangelico in un dribbling, in un sombrero, in un gol: «Nello sport come nella vita, si scende in campo, si può vincere come si può perdere, più raramente si pareggia, l’importante è aver dato sempre il massimo, rispettando in ogni momento l’avversario. Che non è mai un nemico: io le vedo le nostre aiutare le altre ad alzarsi dopo uno scontro, o stringere le mani e abbracciare le rivali a fine partita a centrocampo. Vuol dire che si accettano con letizia le diversità. Ecco, loro danno un significato davvero alto alla pratica sportiva». Don Ciccio è a dir poco estasiato: «Sembra che corrano e si divertano con una specie di felicità interiore e così trasmettono entusiasmo in chi le va a vedere. Così, in virtù di questa armoniosa partecipazione collettiva, si viene a creare una grande famiglia che unisce il pubblico e le nostre beniamine, sulle gradinate pure i bambini le sostengono con grande trasporto. E il loro esempio è così educativo che, domenica scorsa, sentivo i miei concittadini fare i complimenti ad Oselame, il portiere fortissimo del Molfetta. Saper riconoscere i propri limiti è il primo passo per apprezzare le virtù altrui». E la lezione continua, come un’ora di catechismo che si squaderni chiara sul parquet: «Vederle battersi per la maglia con impegno e fedeltà non può che riempire tutti quanti noi d’orgoglio. Il calcio a 5, con loro, è ancora sano divertimento e non astioso agonismo, come magari accade in altri sport, e poi, alla fine, si fa tutti festa. La condivisione non è mai indifferenza e questo cementa ancora di più la comunità bitontina».

L’analisi critica è impeccabile, persino il lessico è appropriato, da addetto ai lavori: «Ammiro troppo la nostra attaccante, la capitana, Luciléia, quella che prende palla un po’ sull’esterno a destra, poi si accentra e tira in diagonale, quasi sempre imparabilmente. È strepitosa». E, allora, caro don, cosa si aspetta nella stagione in corso da queste fanciulle in scarpini e pantaloncini? «E cosa potrei mai aspettarmi da loro se non che stravincano tutto?», scherza lieve don Ciccio, dando un sonoro calcio al «politicamente corretto».

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