Prosegue in Puglia il tour di presentazione di «Una volta sola. Storie di chi ha avuto il coraggio di scegliere» l’ultimo libro di Mario Calabresi, appena uscito per Mondadori (pp. 180, euro 18). Il giornalista sarà oggi, 25 novembre, alle Vecchie Segherie Mastrototaro di Bisceglie (ore 20,30 - info 0808091021 info@vecchiesegherie.it), nella Sala degli Uccelli del Palazzo Ducale di Martina Franca, domani 26 novembre, alle ore 11 e nella Sala conferenze del Must - Museo Storico di Lecce, a cura di Diffondiamo idee di valore e Conversazioni sul futuro in collaborazione con Libreria Liberrima e con il sostegno del Comune di Lecce (appuntamento domani alle 17,30).
Raccontare come ci ha cambiato la pandemia. Come nella tempesta e nella temperie abbiamo subito una trasformazione. Come però siano antichissimi «strumenti» - la memoria - a traghettarci sempre dalla morte alla vita (la memoria avrebbe detto Pavese risale dalla morte ma afferma sempre la vita). Mario Calabresi scrive Una volta sola. Storie di chi ha avuto il coraggio di scegliere e ritrae un’umanità che vince la morte e che sceglie la vita: «Il bene più prezioso» spiega il giornalista che delle vite degli altri scrive consapevole della loro ricchezza, del fatto che sia data, appunto, dal loro attaccamento all’esistenza e alla missione di vivere con dignità, con speranza, con umanità, con la forza e la libertà di scegliere.
Ci sembra che in questo libro la memoria diventi un ponte per attraversare la strada tra la vita e la morte al contrario. La voce di Rachele, ciò che resta di lei dopo la morte, ci riporta al senso della vita, alla vita stessa. E' così? La memoria può avere questa forza?
«La voce di Rachele ci fa comprendere quando sia preziosa la vita, quanto siano preziosi ogni giornata e ogni momento della nostra esistenza. Ho raccontato la sua storia, quella di una giovane madre che lascia un racconto della sua vita ai figli che non potrà veder crescere, perché mostra il valore di ogni incontro e di ogni gesto, di tutte quelle cose che, sbagliando, consideriamo scontate e normali».
La pandemia è il punto di svolta che, nel libro, la spinge a raccontare. Si è detto che ne saremmo usciti migliori. Lei si ribella all'idea che la pandemia abbia peggiorato umanità individuale e convivenza collettiva. I casi di reazione positiva da lei raccontati non sono, quindi, isolati?
«Non ne siamo usciti migliori ma nemmeno peggiori, ne siamo usciti più consapevoli. Abbiamo una percezione diversa del valore del tempo e delle cose che contano. Secondo me la pandemia è stata un acceleratore di fenomeni ma anche di destini individuali e un motore di cambiamento».
Franco, Claudia, Camilla, Sami, Laura. C'è una storia che l'ha colpita più delle altre?
«Ho amato tutte le storie che racconto perché insieme compongono un puzzle con l’immagine del tempo che stiamo vivendo. Ognuna delle persone che ho incontrato mi ha insegnato quanto sia fondamentale essere capaci di scegliere».
Viviamo la nuova precarietà post-pandemica ma allo stesso tempo proprio questa precarietà ci fa capire che vale la pena vivere. Un difficile equilibrio segna il presente. L'umanità saprà, secondo lei, costruire un futuro meno “instabile”? E come?
«La precarietà può anche essere consapevolezza. Aiutarci a capire che non abbiamo un tempo infinito ma che vale la pensa scegliere cosa ci sta davvero a cuore, chi vogliamo essere, cosa vogliamo fare e da che parte vogliamo stare ogni giorno».