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Il libro di Raffaello Mastrolonardo per Rizzoli: «Vi porto in Puglia»

 
Livio Costarella

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Livio Costarella

Il libro di Raffaello Mastrolonardo per Rizzoli: «Vi porto in Puglia»

L’autore barese torna con un’opera dedicata alla sua regione. Narrazione preziosa per il «Viaggio» in Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto

Domenica 21 Agosto 2022, 19:15

Un viaggio del cuore e dell’anima nella propria terra, sempre presente nei suoi romanzi. Lo scrittore barese Raffaello Mastrolonardo, dopo il successo di Gente del sud. Storia di una famiglia (2018, edito da Tre60), una potente saga sullo sfondo di un secolo di storia italiana e di una terra difficile e bellissima, torna in libreria sempre con la Puglia protagonista. Stavolta non con un romanzo, ma con quello che l’autore stesso definisce «un itinerario reale ed emozionale da nord a sud, non privo di fughe, anticipazioni e digressioni, nelle tre terre di Puglia: Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto». Il volume si intitola Viaggio nelle Puglie, edito da Rizzoli (pagg 223, euro 24,90) e gli occhi con cui Mastrolonardo prende per mano il lettore - novello Virgilio, che di mestiere fa il manager bancario - sono quelli di un uomo innamorato che narra della sua amante e del suo amore. Dal Neolitico alla Magna Grecia, ai Romani e ai Goti, agli Arabi, ai Longobardi, ai Bizantini, seguiti da Normanni e Svevi; e ancora, dagli Angioini francesi e poi dagli Aragonesi spagnoli.

«È un libro arrivato inaspettato - rivela lo scrittore -, perché l’anno scorso io e il mio agente siamo stati contattati dall’editor della Rizzoli: sono stati loro a chiedermi di scriverlo. Questo testimonia l’appeal sempre più crescente della Puglia».

Osservando quanto la regione sia un filo rosso di tutte le sue pubblicazioni, da «Lettera a Léontine» in poi, possiamo definire «Viaggio nelle Puglie» un punto di approdo per lei?

«Sicuramente è una tappa importante. Il libro si dipana lungo le Puglie intese in senso geografico, ma anche storico. Perché le storie di questa regione sono tante, come le vicende emotive che la riguardano».

Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto sono le tre zone principali della narrazione.

«Sono terre molto diverse che hanno mescolato le loro anime. Le ho separate, nella scrittura, perché questa è l’originaria divisione delle tribù degli Iapigi: Dauni, Peucezi e Messapi. In circa 2500 anni questa separazione è rimasta, con caratteristiche innumerevoli. Tutte da leggere».

Come ha approcciato alla ricerca storica?

«Avevo tutto in testa. Sono sempre stato un cultore di storia e di arte. È un libro alla portata di tutti, e avendo girato per lavoro la Puglia in 40 anni (con una macchina fotografica al seguito), ho sempre raccolto ovunque uno squarcio di bellezza».

Lei cita anche uomini e leggende. Ce ne indichi qualcuno.

«L’uomo è quello a cui ho dedicato il libro: Federico II di Svevia. Senza i Normanni e senza di lui la Puglia non sarebbe quella che oggi conosciamo. Quanto alle leggende, quella di Diomede, il compagno di merende di Ulisse approdato nei nostri lidi, è un mito greco che ci riguarda direttamente: ha fondato quasi la metà delle città della Puglia».

In quale epoca sceglierebbe di rinascere, se potesse?

«Non ho dubbi: in quella di Roberto il Guiscardo, nell’undicesimo secolo. Ha dato inizio all’epopea normanna e alla nascita di questa regione».

In copertina un’immagine pugliese iconica: Castel del Monte. Una sua scelta?

«Sì, è il mio luogo dell’anima. Ci andavo da bambino con mio padre, e ci ho portato le mie figlie. Quando mi sento smarrito e solo, torno lì a cercare un po’ di pace. La storia ufficiale lo fonde con il Puer Apuliae, ma sono un po’ scettico. Ne propongo un’altra non suffragata da fonti storiche, ma decisamente più affascinante, presa da Aldo Tavolaro. Castel del Monte viene attribuito a Federico per un unico documento di cui non abbiamo neanche l’originale. Si parla di castello di caccia o luogo di piacere, ma basta visitarlo per capire che non è un castello inteso in senso classico. Non ha tutti gli spazi per ospitare la corte dell’uomo più potente del mondo. Probabile invece che si debba la sua costruzione all’altra grande potenza di quel periodo: i Templari. Pensiamo al rapporto con il sole, la luna, le stelle: non può essere casuale e rivela una cultura superiore, che a quel tempo solo i monaci guerrieri potevano esprimere».

Come si fonde l’impegno della scrittura con il suo lavoro in banca?

«Mi sento un artigiano della parola, non uno scrittore. Così come mi sento un artigiano del credito, e non un bancario».

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