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Addio a Guglielmi, letterato che rifondò la Tv

 
Andrea Di Consoli

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Andrea Di Consoli

Addio a Guglielmi, letterato che rifondò la Tv

Morto l’ex direttore di Rai3: da «Samarcanda» ad «Avanzi»

Martedì 12 Luglio 2022, 13:54

Ieri è morto a 93 anni Angelo Guglielmi (era nato ad Arona nel 1929), critico letterario militante, dirigente storico della Rai e, per un periodo, presidente e amministratore delegato dell’Istituto Luce.

Quella di Guglielmi è una vicenda culturale molto interessante, perché egli divenne noto in quanto critico letterario assai corrosivo rispetto al neorealismo e all’ermetismo (fu tra i fondatori del «Gruppo 63», un movimento letterario sperimentale e aggressivo rispetto al vecchio establishment dell’epoca), ma raggiunse la vera fama anzitutto in qualità di geniale direttore di Rai3, rete che diresse dal 1987 al 1994 su indicazione dell’allora responsabile delle comunicazioni di massa del Pci Walter Veltroni.

Pur avendo scritto numerosi libri – tra i più importanti di critica letteraria si segnalano Avanguardia e sperimentalismo (1964), Vero e falso (1968) e La letteratura del risparmio (1973) –, la sua militanza critica si è esplicata principalmente sui quotidiani (Paese sera, Corriere della sera, L’Unità) e sulle riviste (L’Espresso, il verri). Critico tagliente e perciò temuto, Guglielmi prediligeva in letteratura la «linea gaddiana», ovvero una letteratura fortemente contestatrice delle strutture e abitudini tradizionali.

L’aspetto interessante, si diceva poc’anzi, è che la fama Guglielmi la raggiunse in ambito televisivo (entrò in Rai nel 1954 per concorso, ed ebbe vari ruoli di responsabilità, da dirigente di Rai1 a direttore del Centro di produzione di via Teulada), ovvero durante la direzione di Rai3, quando una rete sino ad allora smorta e smarrita crebbe vertiginosamente grazie a format ideati proprio da Guglielmi e dai suoi collaboratori (al divismo dei conduttori Guglielmi preferiva la solidità dei format). Nacquero sotto la sua direzione programmi di largo successo che o sono rimasti nella storia della televisione o vanno ancora in onda. Ne ricordiamo alcuni: «Telefono giallo», «Un giorno in pretura», «Chi l’ha visto?», «Avanzi», «La tv delle ragazze», «Samarcanda», «Il portalettere», «Blob», ecc. Programmi dirompenti, che hanno fondato una «tv-realtà» che è stata studiata in tutto il mondo (si pensi a cosa rappresentò politicamente «Samarcanda» di Santoro, con l’irruzione per la prima volta in tv della rabbia popolare, o da un punto di vista della cultura giuridica programmi come «Un giorno in pretura»).

È vero sì che molti conduttori si sono affermati sotto la sua direzione (da Chiambretti ad Augias, dalla Raffai alla Dandini), ma la verità è che Guglielmi lavorava anzitutto sui formati e sui linguaggi, e solo poi sui «volti».

Un altro aspetto che è poco indagato è il suo rapporto con il cinema, e basti citare il legame con il geniale Enrico Ghezzi di «Fuori orario. Cose (mai) viste», il più imponente cineforum di sempre della storia della Rai, e l’operazione sovversiva di «Cinico Tv» di Ciprì&Maresco, una delle operazioni cinematografiche più feroci e provocatorie di sempre, e che oggi verrebbe immediatamente bloccata da una caterva di interrogazioni parlamentari. Sulla sua esperienza in Rai Guglielmi ha scritto numerosi libri, spesso a quattro mani con Stefano Balassone, tanto che oggi risulta sempre più agevole stilare una storia della Rai3 diretta da Angelo Guglielmi.

Un altro aspetto poco indagato è il suo rapporto con la politica (è stato assessore alla cultura nel comune di Bologna durante la giunta Cofferati) e, in generale, con la sinistra (notevole fu la polemica durante la discesa di Berlusconi in politica con Franco Cordelli, che lo accusò di fare una televisione di sinistra i cui spettatori però votavano a destra; così com’è stata notevole la critica che gli ha mosso recentemente il socialista Walter Pedullà, presidente della Rai durante la direzione di Guglielmi a Rai3, nell’autobiografia Il pallone di stoffa, sostanzialmente accusandolo di ingratitudine «comunista»).

La cosa che lo rese totalmente diverso dagli altri intellettuali e scrittori prestati alla tv (da Piccioni a Cattaneo, da Neri a Pedullà, da Bassani a Romanò) è che Guglielmi non fece mai «cultura» in tv. Guglielmi rispettò lo specifico televisivo, e operò principalmente sulle strutture narrative e sui linguaggi. In tal modo facendo vera cultura, perché un’efficacia operazione culturale si ottiene principalmente agendo sulle strutture e i linguaggi, e non trasferendo «cultura» da un habitat all’altro.

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