Mai come in questo campionato regna la confusione più totale. Oltre a una squadra che... non è ancora una squadra succede che nemmeno le vittorie riescano a schiarire l’orizzonte. Era successo dopo il Padova, al culmine di una prestazione mediocre sotto tutti i punti di vista. La figuraccia a Reggio Emilia, poi, quasi a certificare quegli affanni e quei limiti «nascosti» da una bella dose di fortuna. E ancora, i tre punti «rubacchiati» al Mantova ultimo in classifica, ma nettamente superiore ai biancorossi pugliesi in ogni zona del campo. Il risultato, di solito, mette tutti d’accordo. O almeno, può fungere da collante. Stavolta, no. È diversa la natura del percorso. I punti non «guariscono» quel pessimismo ormai cronico che attanaglia, inesorabile, la gente del Bari.
Nove punti, recita una classifica che resta inquietante (quint’ultimo posto). Guardando alle prestazioni si tratta di un dato incredibilmente generoso. Si fa fatica a capire come una squadra così impalpabile sia riuscita a mettere insieme un bottino del genere. Bottino mediocre, ci mancherebbe. Specie se raffrontato alla storia del club e agli sbandierati propositi di playoff da giocare con ambizione. Ma anche molto generoso. Senza inutili e dannosi giri di parole, la classifica del Bari è generosissima. La qualità delle performances, scadentissima. Peggio di qualsiasi altra squadra. Caserta, certo, non sbaglia quando dice che in serie B nessuno dà spettacolo. Verità sacrosanta. Ma le altre mostrano più sostanza. Nessuno gioca bene, ma tutte sembrano avere un’anima oltre che una chiara identità tattica. Dare una definizione del Bari è complicatissimo. Cos’è? Solido? No. Cattivo? No. «Sporco»? No. Aggressivo? No. Caratterialmente forte? Per carità.
E allora come la mettiamo? Come si esce da questo impasse? Caserta prova a difendere il suo lavoro e l’impegno dei suoi ragazzi. Ma certe sue esternazioni lasciano perplessi. Spiega alcune scelte, per esempio. L’utilizzo di Maggiore per «dare un po’ di fisicità in più». Ma Maggiore, in questo momento, sembra un centrocampista di «gamba»? Le risposte, quelle più sicure, le dà il campo. E il «no» spunta a caratteri cubitali. Se, poi, Maggiore gioca in coppia con un monopasso come Verreth la situazione si complica ulteriormente. Una coppia dal passo lento a cui s’è aggiunto Castrovilli, in pessima giornata ma anche uno che le cose migliori non le ha mai fatte senza il pallone. Questo, nelle intenzioni dell’allenatore calabrese, avrebbe dovuto essere la diga protettiva per una difesa a pezzi. In una squadra che, in fase di non possesso, in otto giornate aveva fatto solo disastri. Contro qualsiasi avversario.
Il Mantova ha chiuso la partita con il 78% di possesso palla. Un dato pazzesco, da qualsiasi angolo si voglia guardare la situazione. Vero, il calcio di Possanzini ha questa peculiarità. Vero anche che il Bari, con ogni probabilità, ha scelto di non rischiare la pressione «alta». Ma quei numeri restano imbarazzanti. Ci sono due fasi di gioco: quella di possesso e quella di recupero del pallone. Va bene «abbassarsi», va bene sperare che l’avversario ti lasci campo ma poi una squadra come quella biancorossa ha il dovere di fare di più. Correre di più ma in avanti. Accompagnare l’azione, giocare più in verticale, tenere in apprensione la difesa avversaria che, fino a sabato, assomigliava alla «banda del buco» (quindici reti al passivo). Nulla di tutto questo, anzi. S’è visto un Bari impaurito, confuso, con pochissime idee e con tanti interpreti impresentabili. Dickmann, per molti osservatori uno dei più vivi e non solo per un salvataggio prodigioso, ha mostrato i soliti, chiarissimi limiti difensivi. Lui e Dorval, anche da esterni del centrocampo a 5, restano un problema irrisolto che aggrava il processo di ricerca di un mecessario equilibrio tattico. Il Bari non fa filtro, fatica terribilmente nella fase di «aggressione», recupera un misero numero di palloni, tutti gli avversari palleggiano con... la sigaretta in bocca. «Questione di caratteristiche, questa è una squadra nata per giocare a calcio», ci ha raccontato spesso un Caserta in chiara difficoltà comunicativa. Giocare a calcio, già. Ai tifosi basterebbe vedere una squadra in grado di essere compatta e a tratti dominante. Per ora, una chimera.
Caserta, però, non è solo. La squadra è con lui e anche Magalini e Di Cesare stanno cercando di aiutarlo a trovare soluzioni. Soprattutto l’ex capitano è molto presente. Aspettando il mercato di gennaio. A proposito, alla casella arrivi ci sarebbe Valerio Mantovani, il difensore che quest’estate il Bari non ha voluto perché inadatto alla difesa a 4 (questa è bella...) e che sarebbe ai titoli di coda dell’esperienza a Mantova. Fermo restano la caccia a un altro difensore esperto. Nel frattempo, che ci si dia una mossa. Nessuno escluso.
















