BARI - Situazione complicata, ai limiti dell’«imbarazzo». Quella che ci si è appena messi alle spalle resterà una domenica molto particolare nella lunga e tormentata storia del calcio barese. Lo stadio gelido, i tifosi che danno le spalle al campo e poi abbandonano la curva, il gol non festeggiato, l’inno non cantato, la vittoria non celebrata. Un cazzotto sul tavolo, per chi conosce la passione del popolo biancorosso. Quando si sceglie l’indifferenza vuol dire che la questione è serissima.
Ma è successo anche altro dopo il fondamentale successo ottenuto contro il Pisa che è servito a riagganciare la zona playoff (ottavo posto in coabitazione con il Cesena dell’ex Mignani, ma con una posizione di vantaggio negli scontri diretti). Ai giornalisti, nell’immediato dopo partita, è toccata un’attesa molto più lunga del solito. Solo in serata se n’è compreso il motivo. Squadra a rapporto dal presidente Luigi De Laurentiis, delusissimo dopo le pessime esibizioni contro Modena e Cosenza. I tre punti contro il Pisa non hanno cancellato quell’imbarazzo seguito a due prestazioni inaccettabili. Imbarazzo che avrebbe manifestato, pare con toni abbastanza accesi, anche il fratello Edoardo, vice presidente del Napoli e nominato nel 2018, su decisione del papà Aurelio, presidente onorario del Bari (ovviamente era e resta un tesserato del club partenopeo). «Datevi una regolata, bisogna dare di più altrimenti poi succede che con prestazioni così basse la gente creda che siamo noi a non voler andare ai playoff. E non dimenticate che mio fratello Luigi è costretto a vivere sotto scorta», sarebbe questo il succo dello sfogo del dirigente napoletano, in Puglia già da sabato al seguito della squadra di Antonio Conte impegnata nella vittoriosa trasferta a Lecce.
Il problema, però, non è che la gente pensa non si voglia la qualificazione ai playoff. La frustrazione, pesantissima, può portare a posizioni abbastanza visionarie. Ma quella comune alla stragrande maggioranza dei baresi ha altre radici. Alla famiglia De Laurentiis, che in vent’anni ha dimostrato di saper fare calcio virtuoso come insegna la storia del Napoli (vicinissimo al secondo scudetto negli ultimi tre anni), viene rimproverata un’ormai cronica mancanza di ambizione. A Bari, cioè, si usa un approccio diverso. Vincere non è la priorità ma solo una possibilità. Si vive alla giornata, sperando ogni anno di pescare il jolly come era accaduto nella stagione 2022-2023, con Mignani e Polito sul ponte di comando nella gestione tecnica. Le idee, vero, contano. Ma i fatti dicono che vince (quasi) sempre chi investe. Bari, insomma, non accetterà mai di giocare il campionato dei «secondi». Galleggiando, più che altro. Bari non potrà mai essere la seconda squadra. Di nessun club, nemmeno del più prestigioso al mondo. Mai, figlio di un Dio minore. Mai subalterno o funzionale alle strategie di altre realtà calcistiche. Chi gestisce il Bari deve giocare per vincere. Senza fare follie, certo. Ma nemmeno vivacchiando nell’attesa di un colpo di fortuna.
Il gruppo squadra ha, ora, una grandissima responsabilità. L’obiettivo minimo (i playoff) non può essere fallito. E, soprattutto, non può passare per un trionfo. A Bari, un ottavo posto non può mai essere salutato con orgoglio. Questo deve essere ben chiaro a tutti, a costo di sfiorare la noia. E per capirlo non serve, poi, chissà quanta arguzia. Anzi.
Lo sprint si chiama Cittadella, venerdì sera in veneto, e Sudtirol, il martedì successivo, ancora in trasferta. Due vittorie per non correre rischi e garantirsi l’accesso ai giochi promozione. Quattro punti potrebbero non bastare nonostante l’andamento lento delle dirette concorrenti. Vanno piano anche quelle che stanno davanti. Palermo e Catanzaro sembrano sulle gambe tanto che pensare al sesto posto, pur paradossale in un’atmosfera così pesante, non è andare così lontano dalla realtà.
A Cittadella senza Maita, Benali e Radunovic. Tre amminizioni pesantissime in una partita alla... camomilla come quella contro il Pisa. Ecco i dettagli che, poi, alla lunga fanno la differenza. Sarà dura senza due pilastri della mediana. A Castellammare, fu un disastro. In porta ci sarà Pissardo. L’anno scorso decisivo, assolutamente. E ricordato troppo poco al culmine di una stagione he era e resta da «Scherzi a parte». Un anno fa, avrebbe meritato una statua. Oggi c’è da sperare che la sua professionalità e il suo coraggio lo aiutino a scrivere un’altra piccola pagina di storia in maglia biancorossa.