LECCE - L’unica vittoria conquistata dal Lecce in casa della Juventus risale al 25 aprile 2004 e fece da trampolino di lancio per il successo seguente, colto dai giallorossi, al «Via del Mare», contro l’Inter, che sancì la permanenza matematica della formazione salentina, con due turni d’anticipo sulla conclusione del campionato. La salvezza, tra l’altro, ebbe del clamoroso, in quanto la squadra all’epoca allenata da Delio Rossi aveva terminato il girone di andata con un magro bottino di punti e tutti la consideravano spacciata con largo anticipo. Invece, le cose andarono diversamente. In vista della sfida in calendario domani allo «Stadium», abbiamo sentito proprio il trainer riminese.
Rossi, come si fa a vincere sul campo della Juventus?
«Giocando meglio della compagine avversaria (ride, ndc). Battute a parte, non è affatto semplice perché è una delle big del calcio italiano e dispone di calciatori fortissimi. Noi disputammo una gara sopra le righe, imponendoci con un pirotecnico 4-3. Contro simili team, per fare risultato, bisogna esprimersi al massimo delle proprie possibilità e, al contempo, sperare che i rivali non diano il meglio del proprio repertorio perché se lo fanno si perde comunque, pur sfoderando una prova di alto livello. Sul piano della qualità, infatti, la differenza tra chi ha l’obiettivo di lottare al vertice e chi deve sgomitare per conservare la categoria è enorme e pesa in maniera evidente».
Domani il Lecce sarà impegnato in casa della «Vecchia Signora» al culmine di un ciclo complicato. I salentini non vincono da otto giornate, nelle quali hanno perso cinque volte. Si tratta di una sfida proibitiva?
«Sulla carta è così, ma poi la partita va giocata ed il risultato lo sancisce il campo. Nella maggior parte dei casi il pronostico viene rispettato, ma accade anche che le cose vadano diversamente, come quando, nell’aprile 2004, è stato il Lecce ad imporsi sui bianconeri, a Torino. Del resto, il calcio è bello proprio per questo motivo e si verifica, in talune situazioni, come nella corrente stagione, che l’Empoli, imbottito di seconde linee, estrometta dalla Coppa Italia la Juventus. Insomma, i giallorossi dovranno crederci e dare il meglio. Se non sarà sufficiente ci riproveranno contro ciascuna delle avversarie che troveranno sulla propria strada da qui alla fine del torneo. Non ci sono altre strade».
Al termine della partita pareggiata al «Via del Mare» con il Venezia, il Lecce è stato contestato dal pubblico. Cosa ne pensa?
«Ai salentini sarebbero serviti i tre punti, che non sono arrivati. La frustrazione per il mancato successo ha portato i tifosi a fischiare, ma calciatori, tecnici e dirigenti erano già ampiamente rammaricati per la mancata vittoria. Nel Salento, tutti vogliono la terza salvezza di fila».
Insomma, c’è il rischio di complicare ancora di più il percorso?
«Questo non è il momento delle polemiche, della caccia al colpevole. Ora serve la massima compattezza dell’ambiente e proprio questo sarà uno degli aspetti che potrà fare la differenza in favore di questo o quel club impelagato nella bagarre-permanenza. Più si eviteranno le fibrillazioni e maggiori saranno le probabilità di restare in A».
Quindi, niente processi, per di più anticipati?
«Ci sarà tempo dopo gli ultimi 90’ per valutare, ma in maniera costruttiva, sia che le cose sia andate bene sia che siano andate male, gli eventuali errori commessi. Con l’unico intento di evitare di rifarli in futuro. Si cresce anche in questo modo, dimostrando il giusto atteggiamento. Racconto un episodio del quale sono stato protagonista. Nel 2004/2005, fui chiamato, ad annata in corso, a guidare l’Atalanta ultima in classifica. Retrocedemmo nonostante una grande rincorsa. Ebbene, nell’ultima gara tutti piangevamo, in campo come sugli spalti, ma il pubblico ci ha comunque applauditi a scena aperta. Pensai che questa maturità sarebbe stata premiata, in futuro, dai risultati e così è stato. Oggi la società bergamasca è una splendida realtà ed è stata capace di arriva in Champions League e di sollevare al cielo una coppa europea».
Eppure in molti ritengono che il match con il Venezia fosse da vincere a tutti i costi e la «piazza» è pervasa da parecchio pessimismo circa l’esito del campionato. Cosa ne pensa?
«Che in campo ci sono anche gli avversari e che non sta scritto da nessuna parte che uno scontro diretto vada come sperato. Ciò che è certo è che, per salvarsi, i punti necessari vanno messi in cassaforte e che, se non si ottengono contro le pari grado, allora bisognerà aggiungerli nel carniere contro avversarie sulla carta più quotate. È stato sempre così. Di norma, si tende ad ipotizzare che la quota-permanenza sia a 38 lunghezze. Nella stagione in corso potrebbe essere parecchio più bassa, ma per fare festa va comunque raggiunta e bisogna riuscirci lottando con il massimo ardore».
In coda, in ottica-permanenza, ritiene che sarà una lotta a tre tra Monza, Lecce ed Empoli per evitare la terz’ultima posizione? O vede coinvolte altre compagini?
«È troppo presto per circoscrivere il discorso a queste tre squadre. Il Venezia è attardato, ma non spacciato. Cagliari e Verona possono contare su un certo margine, ma non sono autorizzate a dormire sonni tranquilli».