Sabato 06 Settembre 2025 | 14:46

Giovanni Loseto, una vita in biancorosso alza il tiro: «Vai Bari, svegliati»

 
antonello raimondo

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antonello raimondo

Giovanni Loseto, una vita in biancorosso alza il tiro: «Vai Bari, svegliati»

In momenti così viene spontaneo pensare a quei calciatori che hanno fatto la storia del Bari. L'intervista a Giovanni Loseto, la maglia del Bari la sua seconda pelle

Lunedì 20 Maggio 2024, 13:11

BARI  - Giorni di grandissima fibrillazione. E diversamente non potrebbe essere. Il Bari in piena marcia di avvicinamento alla partita che potrà cancellare un’annata fallimentare a 360°, senza se e senza ma. Mettere le mani sulla salvezza sarebbe solo una carezza al cuore dei tantissimi baresi che trattengono il fiato all’idea di ritrovarsi di nuovo all’«inferno». Null’altro. Non ci sarà da applaudire e nemmeno da salvare qualcuno. Il «teatrino» di quest’anno resterà nella storia biancorossa, anche con l’auspicato lieto fine. Mai vista una percentuale così alta di errori tutti insieme. Non ha funzionato nulla, dalla comunicazione alla gestione tecnica. Davvero un disastro.

Non ci sarà, dunque, da applaudire in caso di vittoria a Terni. E nemmeno da ringraziare qualcuno. Questo deve essere chiaro, non scherziamo. I soliti spifferi di corridoio... raccontano che qualcuno individua nel forzato esonero di Iachini, al netto degli eccessi caratteriali del tecnico ascolano, il punto di svolta. La mossa provvidenziale in grado di salvare la stagione. Motivo per cui ai baresi toccherebbe provare un sentimento di riconoscenza verso i protagonisti dell’ennesimo ribaltone stagionale. Qui siamo alle comiche, inutile girarci attorno. Ma ci sarà tempo per parlare di verità e menzogne. Ora, l’unica cosa che conta è condurre la barca in salvo. Una barca alla deriva, senza capo nè coda. E gestita malissimo.

Terni, già. Dentro o fuori. C’è da vincere e basta. E la paura fa... novanta. In momenti così viene spontaneo pensare a quei calciatori che hanno fatto la storia del Bari. E che, oggi, rappresenterebbero una garanzia sotto tutti i punti di vista. Uno di questi è Giovanni Loseto, una vita in biancorosso. Trecentodiciotto presenze e altrettante «finali di Champions» giocate. Per lui non c’erano partite inutili, quella maglia era una seconda pelle. È facile immaginare che qualsiasi tifoso, oggi, sarebbe più tranquillo se il mitico «Giuan» facesse parte dello staff. A vestire i panni di garante della baresità in un momento vitale. Saprebbe lui come parlare ai calciatori provando a spiegare come si «campa» da queste parti. Ma la vita delle bandiere, in questo calcio che sprigiona arroganza da ogni poro, è sempre più complicata. E Bari non fa eccezione, anzi. Visto che proprio l’avvento della famiglia De Laurentiis segnò la fine del rapporto tra l’ex difensore e il club col Galletto. Il calcio del business e basta. Già. E che tristezza.

Giovanni Loseto, come vive questa strana e tormentata vigilia?

«Con l’animo in subbuglio di un tifoso a tutto tondo. È stata una stagione incredibile. E mi spiace che a farne le spese sia tata la splendida tifoseria biancorossa».

Quanto l’ha sorpresa il crollo del Bari in classifica?

«Moltissimo. Non mi illudevo che si potesse replicare la bellissima stagione vissuta nello scorso campionato. Ma non potevo pensare si arrivasse a rischiare la retrocessione. Il calcio, d’altronde, non perdona. Quando sbagli tutto si fa maledettamente più difficile».

Tanti addetti ai lavori hanno individuato nella confusione tecnica la principale causa del fallimento. Troppi cambi di allenatori, insomma. Che ne pensa?

«Non conosco certe dinamiche perché non sono dentro. Però è difficile pensare che tanti calciatori diventino una squadra se si cambiano quattro allenatori. Ci sta un esonero, certo. Ma poi andrebbero fatti altri discorsi. Se anche il successore incontra la stesse difficoltà vuol dire che il problema non era l’allenatore».

Ha visto Bari-Ternana?

«Ci mancherebbe. Come potrei mai riuscire a vivere senza guardare le partite del mio Bari? Purtroppo non è andata benissimo. Il pareggio è un risultato che complica ulteriormente il cammino biancorosso».

Che tipo di partita è stata?

«La Ternana mi è piaciuta. Ho visto una squadra organizzata e con tanti giovani bravi e motivatissimi. Il Bari ha fatto poco in quella che doveva essere la partita della vita. Malissimo nel primo tempo, fatta eccezione per il palo dopo pochi secondi. Solo la fortuna ha tenuto in partita i pugliesi. Un po’ meglio nella ripresa ma poi sono venuti fuori i soliti difetti. D’altronde è impossibile che si fossero dissolti nel nulla dopo trentotto partite di campionato che hanno raccontato più o meno le stesse cose».

Qual è stato il calciatore del Bari che l’ha convinta di più?

«Mi è piaciuto Maita. E non credo sia stato un caso che col suo ingresso le cose siano migliorate. Parliamo di una mezz’ala in grado di garantire strappi. Poi, devo dire, che apprezzo le qualità di Sibilli. Ha qualità importanti anche se forse gli manca un pizzico di continuità dentro la stessa partita».

Come si giocano queste partite?

«Usando anche la testa. Devi essere bravo a portare l’episodio dalla tua parte. Conta l’atteggiamento, l’umiltà, l’intelligenza tattica. E anche un pizzico di fortuna».

Quanto le manca il Bari?

«Il Bari è la mia vita. Ricordo sempre una frase del grande Bruno Bolchi. Riferendosi a me e ad altri baresi in squadra diceva “è come avere degli ultrà in squadra”. Noi in campo davamo l’anima. Ed eravamo un valore in più anche nello spogliatoio. Con noi nessuno si è mai permesso di non rigare dritto. Io per il Bari ho sacrificato la famiglia. Ricordo l’ultimo ritiro. Ho voluto essere lì nonostante mia moglie non stesse bene. Per me parlano i fatti, credo. E se ancora oggi merito il rispetto della gente è perché tutti sanno chi è Giovanni Loseto e quanto ha rispettato la maglia».

E già, «Giuan». Chi non capisce queste cose merita solo compassione. Non c’è un barese che non ti vorrebbe vedere ancora «dentro». A difendere l’orgoglio di una città che non ci sta ad abbassare la testa. Quando dici Loseto, a Bari, ti senti al sicuro.

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