LECCE - Fiorentina-Lecce, in programma domenica alle 15 al Franchi, è anche un po’ la sua partita. In Salento un’esperienza felice. Vittorie di prestigio, una promozione e una salvezza. Ricordi, aneddoti, nostalgia. In Toscana un’avventura più breve e conclusasi male (lo scontro con il serbo Ljajic e l’esonero). Delio Rossi è fra i doppi ex del confronto fra i viola e i giallorossi, gara che si presenta piena di spunti e motivi d’interesse. Il tecnico nato a Rimini e foggiano d’adozione, 63 anni, conosce a fondo la Serie A: insidie, trappole, sorprese di un campionato che l’allenatore romagnolo ha frequentato a lungo, riempiendo di successi e soddisfazioni la sua carriera in panchina: una Coppa Italia vinta con la Lazio; tre promozioni nella massima serie ottenute con Lecce, Bologna e Salernitana; con i granata anche una promozione dalla C1 alla B. Tra le tappe del lungo percorso in panchina compiuto dal trainer riminese anche Foggia, Pescara, Genoa, Atalanta, Palermo, Sampdoria, Levski Sofia e Ascoli.
Rossi, domenica si affronteranno due squadre che stanno vivendo un momento contrapposto sul piano dei risultati: la Fiorentina è reduce da tre vittorie consecutive in campionato, il Lecce da tre sconfitte di seguito.
«La Fiorentina, quanto all’organico, è più forte del Lecce. Su questo non credo ci siano dubbi. Ma la partita non è così scontata a favore dei padroni di casa, a mio modo di vedere, come si potrebbe pensare. Anzi. Innanzitutto per un club come quello viola, che non è strutturato come quelli di prima fascia, non è semplice portare avanti una stagione che vede la squadra impegnata a lungo su tre fronti. Affrontare insieme il campionato e le due coppe richiede un dispendio notevole di energie, sul piano fisico e mentale. Penso che il Lecce, con coraggio e spirito propositivo come sta facendo da inizio stagione, abbia buone chance di portare a casa dal Franchi un risultato positivo. Per quelle che sono le caratteristiche di gioco della Fiorentina, è una sfida in cui i giallorossi potranno dire la loro».
L’ambiente deve preoccuparsi dopo tre sconfitte di seguito?
«Direi di no. La Serie A non è la B, è un campionato molto più complicato, anche se ora ha un format differente rispetto a quello di diversi anni fa, dove le partecipanti al torneo erano 18 anziché 20 e le retrocessioni 4 invece che 3. Ma non si possono fare paragoni tra epoche diverse, giocatori differenti e un calcio che in questo periodo ha avuto delle evoluzioni sul piano atletico, tecnico e tattico. Ci può stare in Serie A, per una matricola, di fare risultati positivi contro le big e poi incappare in qualche passaggio a vuoto o fare più difficoltà contro squadre di media e bassa classifica. Successe anche al mio Lecce; battemmo Juventus e Inter e pareggiammo col Milan».
Fra il Verona, terz’ultimo, e il Lecce c’è un distacco di 8 punti.
«Penso che la salvezza sia alla portata del club giallorosso. Questo primo anno In A è importante per mettere le basi, assestarsi, consolidarsi nella massima serie. È quello che la società salentina sta facendo. Corvino ha fatto un gran lavoro: Pantaleo è un grande conoscitore di calcio, la garanzia del Lecce anche perché è salentino d’origine e grande tifoso dei colori giallorossi. Ha costruito una squadra di tutto rispetto, che è in linea con l’obiettivo fissato».
Chi l’ha impressionata di più dei giallorossi?
«Hjulmand, sin dalla B. E Strefezza: non mi aspettavo che potesse avere questo rendimento».
Dell’esperienza di Lecce che ricordi ha?
«Due anni e mezzo, fra il 2002 e il 2004, che porto nel mio cuore. Arrivai il primo anno a metà stagione, quando l’annata era già segnata verso la retrocessione. In estate vendemmo alcuni dei giocatori che costavano di più al club, e promuovemmo in prima squadra diversi giocatori dal vivaio, che è stata sempre una grande risorsa per Lecce. Ottenemmo la promozione in A e poi ci salvammo nella massima serie, finendo il campionato al decimo posto. La famiglia Semeraro ha fatto tanto per il club, quando il Lecce perdeva il patron stava fisicamente male. Ora nel calcio dominano i fondi, le proprietà straniere».
A Firenze poi, invece, un finale amaro.
«Tutti ricordano solo quell’episodio, che io non ho rimosso perché nella vita tutto è fonte di insegnamento, le esperienze belle come quelle meno felici. Stavo portando la squadra alla salvezza, l’obiettivo che mi era stato chiesto. Con la gente di Firenze avevo un rapporto eccezionale, ed è rimasto un bel legame».
Delio Rossi tornerà presto ad allenare?
«Me lo auguro, nel frattempo mi dedico un po’ anche alla famiglia: figli, nipoti. Mi aggiorno come tutti i tecnici. Vivendo a Roma, l’Olimpico per me è off-limits se volessi vedere dal vivo le partite delle due capitoline: alla Lazio mi lega troppo affetto, dall’altra parte non sono ben visto. Le ultime offerte ricevute non mi hanno convinto, sarebbero state vere e proprie avventure. Spero arrivi una proposta che mi consenta di riprendere sul campo il mio lavoro, la mia passione, fare le cose per bene».