Orfani dei Mondiali, per la seconda volta consecutiva, e travolti da una bufera giudiziaria che rischia di ridisegnare la geografia e gli equilibri del campionato di serie A, iniziando dalla Juve, i malati di calcio non possono che tifare Francia stasera nella semifinale con il Marocco.
Per carità, la nazionale africana finora ha fatto un Mondiale straordinario e sicuramente merita applausi e complimenti. Ma chi ha il calcio che scorre nelle vene, non può avere dubbi, né sbandate terzomondiste o deviazioni di tipo politico-emozionale. L’inesorabilità di Kylian Mbappé, la saggezza di mister Didier Dechamps, la forza tranquilla del vecchio bomber Olivier Giroud, la percussione inesorabile della catena di sinistra Theo Hernandez-Adrien Rabiot costituiscono fattori che ben mescolati hanno fatto dei blues tra le squadre più forti, e la più bella da vedere, di Qatar 2022. Poi, certo, non c’è solo il calcio giocato.
Stasera 13 giocatori francesi giocheranno contro il Marocco e di riflesso contro le proprie radici africane, più o meno profonde, più o meno recise. Quasi tutti i tredici franco-africani di Didier Deschamps sono nati e cresciuti in Francia, quasi tutti sono orgogliosi delle origini, molti ne conservano i gusti e le abitudini, riguardo a cibo, musica e altro, ma sono francesi e si sentono francesi. Canteranno l’inno, la Marsigliese, con la mano sul petto. La base multietnica della nazionale francese non fa più notizia, ormai, è considerata naturale, anche se resistono sacche di razzismo. Saranno antipatici i francesi ma scevri da ogni tipo di campanile, non si può non ammirare e sostenere una squadra che aggiunge allo strapotere fisico, grandi doti tecniche. Negli anni è proprio fisicamente che la Francia ha fatto passi avanti da gigante. Ai tempi di Platini, la tecnica era già sovrabbondante ma la fisicità, insomma, non era proprio una caratteristica della casa tanto che la vittoria dei Mondiali fu solo sfiorata, giungendo nel 1998 quando alla classe di Zidane si aggiunse la potenza fisica dei Desally e dei Viera.
LA FAVOLA E IL LIETO FINE DEI CAMPIONI DI SIMPATIA (di G. Capurso)
La premessa è d'obbligo: chi scrive non è molto ferrata in ambito calcistico. Tuttavia non si può non dar spazio in questo Mondiale fatto di grandi colpi di scena (a 360 gradi) anche a chi si è appassionato alle varie sfide in campo per mera curiosità. La voce dei cosiddetti outsider riecheggia potente tra le strade, tra i bar, tra le chat e i post sui social. E l'urlo che si eleva dal basso è unanime: forza Marocco. La squadra rivelazione di questa edizione 2022 che è entrata di diritto nell’élite delle semifinaliste, garantendosi la permanenza nel deserto di Doha fino all’ultimo giorno. Il miracoloso Marocco piace, è innegabile. Non solo perché è la prima squadra africana della storia in semifinale che ha già incrociato e battuto diverse pretendenti al titolo, come il Belgio nel girone (vinto davanti alla Croazia con cui ha fatto 0-0), la Spagna agli ottavi e infine il Portogallo di CR7 ai quarti. Ma soprattutto perché incarna un preciso archetipo: la classica lotta di Davide contro Golia.
Da una parte ci sono quei giovani, forti e motivati guidati dal ct Regragui e illuminati da delle vere e proprie stelle come Hakimi, Ziyech, passando per il paratutto Bounou e l'onnipresente Amrabat.
Dall’altra, invece, c’è la navigata Francia con i nostri cugini d’Oltralpe che (possiamo dircelo) non brilla certo di simpatia, ma che sulla carta resta una squadra fortissima e temutissima.
Una lotta impari, si direbbe. Uno scontro generazionale tra colonizzatori e colonizzati. Tra chi è abituato ad avere la vittoria servita su un piatto d’argento e chi, invece, se la deve sudare. È tutto qui, in questa dicotomia: i giganti contro i bambini. Ma diciamocelo, tra Davide e Golia, il popolo sceglierà sempre Davide. Sarebbe bello se questa favola avesse un lieto fine così netto. Nel frattempo però, almeno per questa sera, lasciateci sognare in pace.