Sabato 06 Settembre 2025 | 15:05

Fuochi all’esterno del carcere l’omaggio al boss brindisino Ivano Cannalire per il suo compleanno

 
Stefania De Cristofaro

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Stefania De Cristofaro

Fuochi all’esterno del carcere l’omaggio al boss Ivano Cannalire per il suo 35esimo compleanno

Il gup Maritati: «Si vuole così dimostrare l’esistenza di un potere e di una posizione di supremazia da esibire e imporre»

Lunedì 30 Dicembre 2024, 13:12

13:13

BRINDISI - Fuochi d'artificio fuori dal carcere di Taranto, in occasione del 35esimo compleanno del brindisino Ivano Cannalire, per esprimere «non solo rispetto, affetto e considerazione, ma anche per rappresentare all’esterno l’esistenza di un potere e di una posizione di supremazia da esibire e imporre». Duplice il significato di quell’iniziativa organizzata da persone di fiducia di Cannalire, per il gup del Tribunale di Lecce, Alcide Maritati, che ha condannato l’imputato a 17 anni e quattro mesi, riconoscendo il ruolo di vertice di un gruppo di stampo mafioso attivo a Brindisi e dedito alle estorsioni, ai danni di commercianti imprenditori, anche in occasione della festa in onore dei santi patroni, nel periodo compreso tra il 2028 e giugno 2022, scandagliato dalla Dda di Lecce.

Le motivazioni della sentenza di primo grado, al netto del riconoscimento della riduzione della pena di un terzo, legata alla scelta del rito abbreviato e quindi del processo «allo stato degli atti», si riferiscono all’inchiesta chiamata Nexus della Direzione distrettuale antimafia salentina che il 21 giugno di due anni fa portò all’esecuzione di dieci ordinanze di custodia cautelare da parte dei carabinieri.

Il gup ha ricostruito anche l’episodio dei «fuochi d’artificio» nelle oltre 500 pagine di motivazioni che la difesa di Cannalire, affidata agli avvocati Giuseppe Guastella e Cosimo Loderserto ha già contestato nei motivi di appello.

Nella sentenza sono riportate le trascrizioni di alcune intercettazioni, fra cui quella tra un familiare di Cannalire e un ragazzo considerato appartenente al gruppo dei «sodali»: «Abbiamo preso la batteria di fuochi per domani. È di cento colpi e la accendiamo la sera, perché è il suo compleanno». L’intercettazione è del 5 maggio 2018, il giorno prima del 35esimo compleanno di Cannalire che, in quel periodo, era detenuto nel carcere di Taranto. Ed è all’esterno della casa circondariale del capoluogo ionico, in direzione della cella in cui era ristretto il brindisino, che venne organizzato lo spettacolo pirotecnico, scoperto dalla polizia penitenziaria. L’intervento degli agenti, mise in fuga gli organizzatori dell’iniziativa, uno dei quali, sempre intercettato al telefono, raccontò di essere stato costretto a fuggire, che nella corsa erano finito in un canale e che si era fatto male. Nonostante tutto, il detenuto «è stato contento».

«Appare del tutto evidente l’impegno profuso per organizzare il festeggiamento», ha scritto il giudice. Festeggiamento che «non poteva che essere riservato al vertice del clan», posizione secondo l’accusa occupata da Ivano Cannalire, il quale avrebbe continuato a esercitare il «ruolo di promotore nonostante lo stato di detenzione» perché anche in carcere «riusciva agevolmente a comunicare le proprie direttive mediante l’uso di un telefono cellulare con utenza dedicata oppure attraverso i colloqui telefonici autorizzati o infine mediante i cosiddetti “pizzini”, convenzionalmente chiamati sfoglie, lettere o cartoline, consegnati durante le visite dei parenti oppure avvalendosi della collaborazione di un suo compagno di cella a lui affiliato».

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