«Ho sentito parlare di Pancrazio Carrino, quale uomo vicino a Francesco Campana, ma non lo conosco personalmente». Il rapporto di “vicinanza” tutto interno agli ambienti della Sacra corona unita, appreso de relato, è stato riferito da Emanuele Guarini, 49 anni, nato a Mesagne, attualmente detenuto e condannato in via definitiva a 30 anni di reclusione per l’omicidio di Nicolai Lippolis, avvenuto in Montenegro a settembre 1998.
Guarini ha parlato in veste di collaboratore, davanti alla pm della Direzione distrettuale antimafia di Lecce, Carmen Ruggiero, titolare dell’inchiesta The Wolf, sul gruppo Lamendola-Cantanna, ritenuto di stampo mafioso e attivo nel traffico di droga. A conclusione delle indagini, sfociate lo scorso luglio nel blitz eseguito dai carabinieri, la pm ha chiesto il processo per 38 brindisini, tra i quali Pancrazio Carrino, 42 anni, alias “Stellina”, il detenuto che a ottobre ha ammesso di aver simulato il pentimento solo per avere l’occasione giusta per incontrare la pm Ruggiero e ucciderla tagliandole la gola. Voleva usare come lama, un pezzo di ceramica ricavato dal water della cella in cui era recluso. Pezzo che era riuscito a nascondere negli slip poco prima di incontrare la magistrata in una sala per i colloqui del carcere di Lecce. Carrino ha ammesso di aver pensato al piano per uccidere la pm dopo aver saputo che, in un’informativa iniziale, era stato accusato di violenza sessuale nei confronti della fidanzata. Il piano è fallito perché scoperto dal tenente Alberto Bruno, all’epoca alla guida dei carabinieri di San Vito dei Normanni.
Il verbale illustrativo della collaborazione con cui Emanuele Guarini ha chiuso il periodo delle dichiarazioni nei 180 giorni previsti dalle disposizioni di legge, è stato firmato il 15 dicembre scorso ed è stato depositato dalla pm nei giorni scorsi, in occasione dell’udienza preliminare in cui Carrino figura tra gli imputati che, assieme alla maggior parte dei detenuti, hanno chiesto di essere processati con rito abbreviato.
Le pagine del verbale di Guarini sono coperte da omissis a conferma del fatto che sono in corso una serie di verifiche per riscontrare le dichiarazioni. Oltre al riferimento a Carrino, come uomo di Francesco Campana, ritenuto alla guida della Sacra corona unita, per la frangia brindisina, è rimasta in chiaro e quindi è leggibile la parte relativa al suo ingresso nell’associazione mafiosa. «Appartengo dal 1994 all’associazione mafiosa, quando fui affiliato al clan di Eugenio Carbone», ha detto. «Dopo la sua morte, nel settembre 2020, nel reparto di sicurezza del carcere di Brindisi, mi sono affiliato a Santino Tenore, al quale tuttora appartengo». Carbone, ritenuto uomo fedele ad Antonio Vitale, alias il Marocchino, a sua volta al vertice della frangia mesagnese della Sacra corona unita, venne ucciso il 15 settembre 2000.
Guarini, nei panni di collaboratore, figura già nel processo per l’omicidio di Giampiero Carvone, il 19enne, freddato a colpi di pistola calibro 7,65, nella notte fra il 9 e il 10 settembre 2019, davanti al portone dell’abitazione in cui viveva con la sua famiglia, in via Tevere, rione Perrino. Il processo è in corso davanti alla Corte d’Assise di Brindisi, chiamata a pronunciarsi su un unico imputato, Giuseppe Ferrarese, in carcere da giugno 2022. Anche l’inchiesta sull’omicidio Carvone è stata coordinata dalla pm Carmen Ruggiero ed è alla magistrata della Dda di Lecce che Guarini, a settembre, ha riferito di aver raccolto la confessione di Ferrarese nel periodo in cui erano nella stessa cella.