BRINDISI - Brindisi osservatorio delle difficoltà che incontra chi vuole realizzare un’opera pubblica in Italia? La vicenda degli ennesimi proscioglimenti intervenuti sulla questione della stazione marittima “Le Vele” di Punta delle Terrare è paradigmatica. Tutto è partito, secondo il presidente dell’ente portuale, Ugo Patroni Griffi, dalla «bufala sulla natura del Piano regolatore portuale, che venne partorita da un noto professionista». Il riferimento è al consulente tecnico della famiglia Taveri, proprietaria del terminal passeggeri “Il Mondo”, che fece un esposto in quanto riteneva che a pochi metri non potesse sorgere una nuova stazione marittima pubblica (Le Vele, per l’appunto).
La tesi era che, avendo il Piano regolatore portuale valenza di pianificazione, il nuovo terminal sarebbe sorto in un’area che il Prp indica come non consona al traffico passeggeri. Interpretazione fatta propria dalla Procura, che successivamente, con differenti indagini, dispose anche il sequestro dei varchi doganali portuali, dando vita a un secondo filone processuale che si è concluso pochi mesi fa con altri proscioglimenti. Tutto ciò ha comportato l’abbandono: del progetto Light Tales, per realizzare un racconto luminoso di Brindisi lungo i 300 metri di recinzione di via del Mare; di parte del progetto Dock-Bi, che prevedeva la realizzazione di una tensostruttura per accogliere dignitosamente i passeggeri in transito verso l’Albania. Ed è di venerdì la notizia della perdita del finanziamento da 15 milioni di euro per la realizzazione del terminal Le Vele. Le indagini su quest’opera risalgono addirittura a fatti del 2010.
Nel febbraio 2016, però, il giudice dell’udienza preliminare ha emesso una sentenza di non luogo a procedere poiché ravvisò l’insussistenza dei reati addebitati agli imputati. Fine della storia? Macché. A seguito di «nuove prove», la Procura ha chiesto la revoca della sentenza di non luogo a procedere. Nel marzo del 2021, il gip Valerio Fracassi l’ha respinta asserendo che avesse solennità la sentenza del Consiglio di Stato, che ha ribaltato quella del Tar stabilendo che il Piano regolatore portuale non ha valore di pianificazione urbanistica. È stato chiarito, insomma, che il Prp di Brindisi, approvato nel 1975, non prevedeva alcuna destinazione d’uso, giacché approvato in virtù di una legge del 1921 che non attribuiva al piano una vocazione di pianificazione territoriale ma solo di strumento di programmazione delle opere. Inoltre, il giudice ha specificato che non sono prove sopraggiunte, ad esempio, le assunzioni di informazioni da parte dell’ufficio Urbanistica del Comune, del provveditore per le opere pubbliche o dell’ingegnere Roberto Serafino.
La Procura ha però deciso di impugnare in Cassazione anche il provvedimento del gip con il quale veniva respinta la richiesta di revoca della sentenza di non luogo a procedere. La Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso. Il pm Raffaele Casto ha optato comunque per la riapertura delle indagini nel marzo 2021. Infatti, nonostante fosse già stato appurato da un giudice che non sussistevano profili di illegittimità, la vicenda giudiziaria si era chiusa con un provvedimento del gup: non essendoci giudicato, di conseguenza agli inquirenti è consentito di riaprire la partita giudiziaria. Così, il pm ha chiesto la proroga delle indagini preliminari nei confronti di Patroni Griffi e di altri sei imputati. Giovedì, tutti gli imputati sono stati prosciolti dal giudice Vittorio Testi.
«Non si vuole - dichiarò Patroni Griffi a seguito della comunicazione sulla proroga delle indagini - che il porto si infrastrutturi. Mi contestano un abuso edilizio per un’opera, il terminal Le Vele, i cui lavori erano ripresi prima del mio insediamento e sulla cui legittimità si sono stratificate due sentenze del Tribunale di Brindisi (di cui una passata in giudicato), il parere di numerose commissioni tecniche e finanche provvedimenti del Consiglio superiore dei lavori pubblici. Apprendo peraltro con enorme sorpresa che il Ctu è la stessa persona per cui promossi un giudizio di responsabilità, chiedendo circa 8 milioni di euro di danni). È legittimo che questa persona renda una consulenza tecnica d’ufficio in un processo in cui io sono indagato? La risposta da professore di diritto è ovvia. Probabilmente si applica un codice che non conosco...».