MESAGNE – «Sarà un autunno di preoccupazione, perché ci sono alcuni nodi che stanno venendo al pettine; perché c’è un’economia che non va così di corsa come sembrava tre o quattro mesi fa. C’è stato un raffreddamento dei dati del Pil; c’è una spinta inflazionistica che rende più poveri gli italiani perché gli stipendi non stanno crescendo come crescono i costi e questo ci preoccupa». Il presidente nazionale di Confcooperative, Maurizio Gardini, quale presidente di Conserve Italia annuncia investimenti e cambi nella direzione del presidio mesagnese che produce il «pelato Cirio», ma non si sottrae ad affrontare le questioni economiche più generali del Paese.
«È un Paese che rischia sempre più di essere spaccato in due fra quelli che ce la fanno, bene, e quelli che non ce la fanno; dove aumentano le fasce di povertà, dove la grande preoccupazione è su questo inverno demografico che condanna il Paese. Se l’Italia non torna a cresce come popolazione, è difficile fare una riforma delle pensioni, parlare di una nuova stagione di sviluppo».
Ora si parla della legge di Bilancio…
«Non consentirà di fare grandissime cose. Occorrerà rafforzare le dimensioni del cuneo fiscale e già questo assorbe più o meno la metà della cifra; quindi un po’ di adeguamento pensioni, un po’ di “opzione donna” e la legge di Bilancio è già finita e le questioni strutturali saranno di nuovo rinviate al futuro, a meno di non riuscire a concordare con l’Europa la possibilità di fare debito. Penso a non conteggiare nel famoso 3% le spese militari o le spese del Pnrr».
Già, il Pnrr…
«C’è questa opportunità di dare uno sviluppo al Pil in chiave di modernizzazione del Paese su cui ancora adesso ho buone speranze. Le scelte fatte dal governo Meloni non sono state del tutto sbagliate: il ripensare a una rimodulazione del Pnrr forse era necessario perché il progetto era stato calato dall’alto troppo velocemente e sarebbe stato un disastro gestirlo. Forse abbiamo speso qualche mese in più ma se avremo la possibilità di avere tempo anche per attuare cose nuove e proposte nuove che vengono dal territorio non è del tutto sbagliato».
C’è il confronto sul salario minimo...
Sembra un dibattito più ideologico che altro... Crediamo che vada riaffermato il ruolo della contrattazione: 890 contratti depositati al Cnel non servono. Occorre il ruolo della contrattazione tra organizzazioni di impresa e organizzazioni sindacali; occorre disboscare la selva contrattuale perché ci sono contratti che oggi, alla luce del sole, consentono di pagare 4-5 euro al lordo ed è uno scandalo. Meno contratti, ma siglati dalle maggiori organizzazioni sindacali di rappresentanza, soglie minime, questo sì, sotto i quali i contratti non devono andare, ma poi va valorizzato il ruolo della contrattazione riguardo a produttività e ruolo del welfare; vanno inseriti elementi nuovi di valorizzazione del contratto di lavoro che il contratto minimo finirebbe per appiattire. La minaccia della Cgil e della piazza diventa fortemente ideologica. Non lo so: l’autunno sarà caldo».
L’anno scorso si notava un quadro economico molto condizionato dalla guerra e dalla questione energia...
«Eravamo dentro uno tsunami energetico e con costi folli che nel mese di agosto ci avevano investito. Oggi i costi energetici sono fortemente rientrati, ma siamo in una dinamica inflattiva, in parte dovuta a speculazioni non controllate. Quando ci sono poche condizioni di trasparenza di mercato la speculazione regna sovrana. Non penso che la misura per combattere l’inflazione sia aumentare il tasso come ha fatto la Bce, perché ha ammazzato economia e settore immobiliare, ha reso drammatico per le famiglie con a carico un mutuo a tasso variabile sostenere il pagamento degli stesso e ha reso pesante anche per le imprese la possibilità di fare debiti per sostenere investimenti. Spero possa rientrare questo aumento del costi del denaro, perché se no, l’economia non ce la fa».