Con la pubblicazione delle linee guida regionali avvenuta nei giorni scorsi, il processo di costituzione delle Destination management organization (ossia i modelli di governance pubblico-privato del turismo nei territori) ha subito un’accelerazione. In provincia di Brindisi si delineano due Dmo: Costa dei Trulli-Valle d’Itria (con dentro Ostuni, Fasano, Ceglie Messapica e Cisternino) e Brindisi-Alto Salento (con tutti gli altri comuni della provincia).
Il Piano strategico regionale del turismo individua già indicativamente degli ambiti territoriali ottimali. Ma non sono immodificabili. Carovigno, ad esempio, è indecisa tra la Dmo Costa dei Trulli e quella Brindisi-Alto Salento, nella quale il Piano strategico la fa rientrare. Mentre i rappresentanti del Comune di Carovigno partecipano agli incontri con gli enti facenti parte della Dmo Costa dei Trulli, il consorzio degli Albergatori di Carovigno presieduto da Enzo Di Roma sta lavorando da tempo con Brindisi e gli altri comuni inseriti nella Dmo Alto Salento. «Non abbiamo ancora deciso», fa sapere la consigliera comunale carovignese Antonella La Camera, che ha la delega al Turismo. Di Roma, invece, pare non avere dubbi: «Stiamo ragionando sulla forma giuridica, che potrebbe essere una fondazione con partecipazione o una società consortile; di certo la maggioranza dovrà spettare ai privati. A breve costituiremo una rete di imprese, che si andrà ad aggiungere al consorzio. C’è una interlocuzione in atto con il Comune di Brindisi, città fondamentale per noi albergatori per via dell’aeroporto. Entro gennaio contiamo di formalizzare a Pugliapromozione la nostra proposta di Dmo Brindisi-Alto Salento ed entro giugno dovrebbe concludersi l’iter».
Il Comune di Brindisi si è affidato al consorzio degli Albergatori di Carovigno e attende gli sviluppi, anche se ci sono ancora parecchi nodi da sciogliere. Il presidente di Federalberghi Brindisi, Pierangelo Argentieri, pensa invece che un ruolo centrale lo debba assumere la Camera di commercio di Brindisi-Taranto, «con la quale - afferma Argentieri - abbiamo già avviato una interlocuzione pensando a una Dmo incentrata sui comuni della Via Appia; stiamo lavorando a un protocollo d’intesa. Il percorso potrà essere simile a quello che è stato intrapreso a Lecce». La Dmo Salento, che raggruppa tutti i comuni leccesi, vede infatti un grande attivismo della Camera di commercio di Lecce, pronta a mettere sul piatto 700 mila euro. Il presidente della Camera di commercio di Brindisi-Taranto, Vincenzo Cesareo, fa sapere che si sta «portando la questione Dmo a livello di Unioncamere Puglia per ottimizzare non tanto le risorse finanziarie quanto le competenze, mettendole a fattor comune. L’interlocuzione è aperta, abbiamo già in programma di discuterne prima di Natale in modo da definire una strategia per il 2026, da condividere con gli stakeholder dei nostri territori per costruire un piano insieme a loro».
Da Lecce, però, ritengono fondamentale che Brindisi, in quanto hub infrastrutturale, possa far parte anche della Dmo Salento. «Le linee guida vanno cambiate, una città come Brindisi, che è la porta d’ingresso del Salento e della Valle d’Itria, deve poter far parte - sostiene il deputato di FI, Andrea Caroppo, eletto nelle due province - di più Dmo». Cosa al momento non possibile. Questi modelli di governance del turismo, infatti, «servono anche a coordinare le politiche sulla mobilità: come possiamo favorire la mobilità dei turisti che arrivano nel Salento se manca Brindisi, dove c’è l’aeroporto?». Ma Caroppo contesta anche il fatto che gli ambiti territoriali ottimali individuati dalla Regione creino disparità: «Dalla provincia di Brindisi vengono tolti i comuni con più presenze turistiche per metterli assieme a quelli del barese nella Dmo Costa dei Trulli-Valle d’Itria. La Dmo di Brindisi diventa così quella nettamente più piccola e marginale, e questo diventa un fattore penalizzante». Un tema, quello delle presenze turistiche su cui può contare ogni Dmo, che diventa importante anche in termini di risorse da spendere: quelle che vantano più turisti, infatti, potranno ad esempio fare affidamento su maggiori proventi dalla tassa di soggiorno e quindi avranno più soldi da investire per l’attrattività turistica».
















