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Brindisi, delitto Cairo: «Vidi mio fratello, era preoccupato»

 
Stefania De Cristofaro

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Stefania De Cristofaro

Brindisi, delitto Cairo: «Vidi mio fratello, era preoccupato»

Le risposte di Sebastiano Cairo al pm della Dda Milto Denozza, in Corte d’Assise

Sabato 13 Maggio 2023, 13:10

«Era un po’ cambiato, era preoccupato ma non so di cosa. Una volta mi parlò che voleva addirittura prendere il porto d’armi, però i motivi non li sapevo. È successo negli ultimi due-tre mesi (prima della scomparsa, ndr)».

Sebastiano Cairo, il fratello dell’imprenditore Salvatore Cairo, il cui corpo venne fatto pezzi per poi essere bruciato in modo da non lasciare traccia, a maggio 2000, ha consegnato alla Corte d’Assise di Brindisi, di fronte alla quale è in corso di svolgimento il processo sull’omicidio, i suoi ricordi del periodo precedente alla scomparsa.

È stato citato come testimone dal sostituto procuratore della Dda di Lecce, Milto Stefano De Nozza, secondo cui l’omicidio di Salvatore Cairo sarebbe opera della stessa mente e delle stesse mani di quelle che uccisero l’altro imprenditore brindisino attivo nel settore delle batterie di pentole da cucina, Sergio Spada, ucciso a novembre 2001.

Imputati sono Cosimo ed Enrico Morleo, fratelli, il primo ritenuto il mandante e il secondo esecutore materiale di entrambi gli omicidi, con le aggravanti della premeditazione e del metodo mafioso: secondo l’accusa, Spada e Cairo avrebbero pagato con la vita il fatto di aver intrapreso strade in concorrenza con quella della famiglia Morleo che avrebbe voluto lavorare in una situazione di monopolio.

Sebastiano Cairo ha riferito di aver visto il fratello il giorno prima della scomparsa, il 5 maggio 2000, e di aver avuto un buon rapporto con lui, ricordando che «la domenica si mangiava tutti a casa», con i loro genitori. Ha precisato di non aver «mai parlato di questioni di lavoro con il fratello», anche perché gli ambiti erano diversi, ma sapeva che trattava la «vendita di articoli per la casa e che era in società con Cosimo Morleo», con cui aveva la «Golden Star». All’epoca Sebastiano Cairo era operaio metalmeccanico, ora è in pensione. La società - ha detto il teste rispondendo al pm - «è stata chiusa alla Camera di Commercio, un paio di anni dopo la scomparsa» di Salvatore Cairo e «sciolta».

Quanto alle ragioni alla base dello scioglimento, il teste ha riferito che «da quello che lui faceva trapelare, si era sciolta per motivi di disaccordo in generale, con l’altro socio». Non ha saputo ricordare quale fosse «l’oggetto del disaccordo». E a quel punto, il pubblico ministero ha ricordato le dichiarazioni che Sebastiano Cairo rilasciò il 16 febbraio 2004: «Mio fratello mi riferì che Cosimo Morleo lo aveva accusato di aver distratto denaro dalla Golden Star e che i conti, a suo dire, non erano reali». Il teste ha confermato questa circostanza precisando che «lui (Salvatore Cairo, ndr) diceva che i conti non erano buoni e quindi non c’era più l’accordo di una volta nella società».

Nel verbale relativo alle dichiarazioni rilasciate all’epoca, come ricordato dal pm, si legge che «lo stesso Morleo mi disse che non sapeva dov’erano andati a finire i soldi della Golden Star». Circostanza ammessa poi dal teste. Il fratello di Cairo ha poi detto che Salvatore «non aveva un buon rapporto con Elvira Ciullo, compagna di Cosimo Morleo». «Non so il motivo, forse per i conti». E ancora: «Prima di lei, lui era più libero nel fare le operazioni». A questo punto, il pm ha chiesto: «La conseguenza di questo disaccordo, lei la conosce? Ricorda se fu fatta una imposizione a suo fratello?». Risposta: «Sì, come no. Mio fratello non doveva fare più quel lavoro là, era un accordo che avevano preso tra di loro». Altra domanda: «Suo fratello ha rispettato questo divieto?». «No, continuava a fare quel lavoro», ha detto Sebastiano Cairo. «Se non sbaglio stava facendo un’altra società con un signore di Lecce, la Indoor forse».

A domanda dell’avvocato Giacinto Epifani, difensore di Enrico Morleo, su «minacce di morte rivolte a Salvatore Cairo da Massimiliano Morleo», fratello dell’imputato, nel frattempo diventato collaboratore di giustizia, che con le sue dichiarazioni ha confermato il quadro accusatorio, il teste ha spiegato: «Una volta mia cognata mi disse che questo Massimiliano Morleo che non ho mai conosciuto e non conosco, lo stava cercando ed era molto arrabbiato. Mi riferì che durante la cena c’era questo Massimiliano Morleo che andava in cerca di mio fratello». Ma non ha saputo riferire i motivi: «Mia cognata non me lo ha detto».

Il presidente della Corte è intervenuto per alcuni chiarimenti: «Suo fratello le precisò che era falsa l’accusa di Cosimo Morleo che si sarebbe appropriato di somme di denaro della cassa della società, quindi disse di essersi comportato in maniera corretta verso il socio? Che non era autore di nessun ammanco?». Risposta: «Sì, più o meno, a parole». «E le disse di aver subito un furto a casa?». «Sì. Era molto turbato da quel furto, il motivo non glielo so dire, come se andasse in cerca di qualcosa».

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