ANDRIA - I fratelli Michele e Francesco Pistillo, detenuti dal 2020, hanno avviato un percorso di collaborazione con la giustizia. Negli atti allegati alla richiesta di giudizio immediato, disposta dal gip Giuseppe Montemurro su richiesta delle pm della Dda di Bari Luciana Silvestris e Daniela Chimienti, sono contenuti i verbali delle prime dichiarazioni dei neo pentiti.
Stessa scelta - come già aveva anticipato la Gazzetta nei mesi scorsi - anche per la moglie di Michele, Isabella Cicolella. La novità è che si è aggiunta anche la moglie di Francesco, Nunzia Sinisi.
I quattro attualmente si trovano in istituti penitenziari riservati ai collaboratori, in attesa di avere il piano di protezione.
È evidente che le loro dichiarazioni potrebbero avere un peso non da poco per scoprire le dinamiche criminali di tutta la zona della Bat, in particolar modo quella di Andria.
L’inizio del processo nei confronti dei 20 imputati- così come si evince dal decreto - è fissato per il prossimo 7 novembre innanzi alla seconda sezione collegiale del Tribunale di Bari. Ma è probabile che alcuni, così come ha fatto Michele Pistillo, chiedano di essere giudicati con rito abbreviato.
Oltre ai due fratelli e rispettive consorti, sono finiti sotto processo Vincenzo Pistillo, 52 anni, Nicola Bruno, 36 anni, Nicola Messina, 32 anni, Riccardo Leonetti, 35 anni, Vincenza Orlando, 39 anni, Daniele Mosca, 21 anni, Benito Pistillo, 40 anni, Giovanni Pistillo, 31 anni, Giovanni Pistillo, 27 anni, Paolo Lovreglio, 41 anni, Riccardo Falcetta, 47 anni, tutti di Andria; Gianluca Matarrese, 46 anni, di Canosa, Ervin Plaku, 37 anni, di Altamura, Denis Shellegaj, 36 anni, di Altamura, Innocenzo Panicocolo, 59 anni, e Luciano Donnazita, 32 anni, entrambi di Altamura.
Le indagini sono state avviate nel 2020, in seguito all’attentato incendiario ai danni dell’auto di un vice brigadiere, all’epoca in servizio ad Andria, che aveva arrestato alcuni soggetti riconducibili al clan Pistillo. Anche se poi non si arriverà mai all’identificazione del responsabile, in un primo momento gli inquirenti pensarono potesse trattarsi di una sorta di ritorsione nei confronti del militare ed avviarono una serie di intercettazioni grazie alle quali sarebbe stata provata l’operatività del sodalizio criminale con riferimento all’attività di spaccio del comune di Andria.
Le accuse contestate a vario titolo nei confronti degli imputati è quella di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio, e per alcuni viene anche contestata l’aggravante di aver agito con metodo mafioso, di aver agevolato il sodalizio mafioso.