TRINITAPOLI - Le scene dell’omicidio di Giuseppe Lafranceschina. L’immagine dell’uomo, ucciso con tre colpi di pistola il 3 giugno 2020, riverso in una pozza di sangue. È scoppiata in un pianto a dirotto la moglie della vittima, chiamata a testimoniare venerdì nell’ambito del processo che si sta celebrando innanzi alla Corte d’Assise di Foggia nei confronti dei tre presunti responsabili: i fratelli di nazionalità rumena Liviu e Stefan Corduneanu, rispettivamente di 26 e 24 anni, e Salvatore Montanaro, 51 anni, tutti residenti a Trinitapoli. Sono accusati di concorso in omicidio volontario aggravato dalle modalità mafiose.
La donna è stata sentita come testimone dell’accusa, chiamata dal pm della Dda di Bari Luciana Silvestris. L’esame si è concentrato sui rapporti fra la vittima e suo cugino Giuseppe Gallone, detto «codino», ritenuto esponente di vertice dell’omonimo gruppo criminale. Tanto perchè la procura ritiene che l’omicidio sia maturato all’interno di logiche mafiose, verosimilmente nell’ambito di contrasti fra gruppi opposti per assicurarsi il controllo delle piazze di spaccio.
La testimone ha riferito che il marito e Gallone avevano normali rapporti di parentela, precisando però che non si sentivano o vedevano troppo spesso. Per quanto riguarda gli imputati, invece, ha dichiarato di non conoscerli, spiegando di aver appreso i loro nomi soltanto dopo la notizia degli arresti. Ma è quando in aula scorrono le immagini dell’omicidio, che la signora non riesce a trattenere le lacrime e si allontana sopraffatta dal dolore.
La prossima udienza è stata fissata per il 15 settembre, quando si proseguirà con l’escussione dei testi della pubblica accusa. Il teorema accusatorio si fonda essenzialmente sulla testimonianza di un testimone oculare, che ha sostenuto di aver assistito all’omicidio: a suo dire, Montanaro sarebbe stato alla guida della Giulietta rossa – rubata qualche giorno addietro a Trani - utilizzata dal commando, Simon Livio Corduneanu seduto sul lato passeggero e Stefan sul sedile posteriore.
«Ho chiaramente visto, e anche sentito, Livio che con una mitraglietta in mano sparava un colpo in direzione di Giuseppe, che stava passando per quella strada a bordo della sua bicicletta - ha dichiarato il testimone - Subito dopo il fratello di Livio, dai sedili posteriori, utilizzando un’altra mitraglietta, sparava altri due colpi in direzione di Giuseppe. Entrambi avevano i finestrini abbassati. Indico le armi come mitragliette poichè entrambi le impugnavano con tutte e due le mani. Gli autori non hanno proferito alcuna parola e si sono allontanati verso via Roma». I tre imputati sono difesi dall’avvocato Alfredo Tonti; la parte civile dall’avvocato Giuseppe Perrone.