ALTA MURGIA (BAT) - «Alla criminalità organizzata va data una risposta organizzata, il territorio va controllato e tutelato».
A chiederlo è il presidente del Parco nazionale dell’Alta Murgia, Francesco Tarantini, intervistato all’indomani della presentazione dei dati emersi dall’attività svolta dalla Direzione Investigativa Antimafia nel primo semestre del 2021, nel territorio della provincia di Barletta – Andria – Trani e, in particolare, nella zona dell’entroterra rurale della Bat.
Entroterra che nella relazione della Dia viene descritto come «gravato da una forte incidenza di reati predatori, danneggiamenti ed estorsioni che affliggono soprattutto il settore agricolo» . Un territorio in cui sono «numerosissimi, anche nel periodo in esame, i furti e le rapine di mezzi e attrezzature agricole, i danneggiamenti incendiari di colture o relativi impianti e gli attentati dinamitardi».
Insomma, per la Dia è così che «le effervescenze operative e gli insaziabili “appetiti” della criminalità organizzata» nella Bat si esprimono sul versante rurale e interno di questa ricca provincia pugliese.
Di «aggressione alle aree rurali», parla il procuratore capo di Trani, Renato Nitti, il quale afferma anche di avere apprezzato tale riferimento nella relazione della Dia, «benché non sia ancora oggetto di sentenze». Egli stesso ricorda di avere «più volte riportato segnali di assoluta gravità che non possono essere sottovalutati, trattandosi di un fenomeno gravissimo».
Un fenomeno del quale si era fatto portavoce, mesi fa, nei confronti del procuratore di Trani, proprio Tarantini, il quale, allora come oggi, definisce quella zona «terra di nessuno» , soprattutto di notte.
«Il Parco dell’Alta Murgia è un’area molto vasta, si estende per 68.000 ettari, su 13 comuni e due province. Se non hai Flash più Superman insieme – ironizza amaro - non puoi controllarla»3
Ma non solo non ci sono supereroi, non ci sono neanche i guadiaparco e si può contare solo su quattro stazioni dei carabinieri forestali, ad Andria, Ruvo, Gravina e Altamura. «Sono pochi – dice Tarantini – gli uomini e i mezzi, serve molto di più, serve agire su più fronti, su quello tecnologico, potenziando i segnali e le telecamere, ma non si può prescindere dal controllo del territorio».
Un territorio a tratti impervio il che gioca a sfavore della sicurezza in un contesto di scarsità di uomini e mezzi. Tarantini in passato ne aveva suggerito il presidio con l’esercito, quale deterrente con la propria presenza nel Parco, soprattutto nelle zone più isolate. «Alcune masserie – spiega - sono completamente abbandonate e di notte questo è un problema, può accadere qualsiasi cosa».
Fra gli altri problemi vi è quello della copertura tratti lacunosa del segnale radiomobile, per cui, in caso di difficoltà o pericolo, in alcune zone non si sa proprio come chiedere aiuto. Dove i ripetitori ci sono e il segnale arriva, invece, non sono mancati i danneggiamenti, come a Torre disperata, nel territorio di Spinazzola, riferisce Tarantini. Ma gli episodi di furti di cavi di rame e atti vandalici sono tantissimi.
«Qui si consumano reati di ogni genere, assalti, danneggiamenti, furti e rapine – dice il presidente del parco rurale – in queste aree l’abigeato è ancora una realtà e spesso le telecamere, che pure sono essenziali e più ce ne sono meglio è, non sono determinanti, perché arrivano incappucciati, a bordo di auto rubate, dopo avere disseminato il percorso di chiodi gommati per impedire o ritardare eventuali attività di vigilanza».
Tarantini ricorda i protocolli per la sicurezza siglati con la Prefettura e la richiesta avanzata al ministero per la Transizione ecologica per una maggiore copertura radiomobile ma, ribadisce, «servono uomini e mezzi idonei per girare il parco».