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Frane e alluvioni assediano la troppo fragile Basilicata. E i fondi non bastano mai

 
massimo brancati

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massimo brancati

 Frane e alluvioni assediano la troppo fragile Basilicata.  E i fondi non bastano mai

Oltre duemila aziende edificate su aree a rischio. Il 67 per cento dei lucani vive in case costruite su piedi di argilla

Venerdì 06 Ottobre 2023, 15:04

Sfregiata dalle frane. Se ne contano almeno 620, tutte attive, nel senso che sono in movimento e rischiano di allargare il proprio raggio d’azione, coinvolgendo strade e centri abitati. E siccome i guai non vengono mai da soli, come recita un antico adagio, ad aggravare la situazione generale ci pensano le oltre duemila aziende che sono state edificate su territori «friabili». Stabilimenti industriali che, in caso di smottamento, potrebbero non essere in grado di «trattenere» materiale altamente inquinante.

Scenario Alla vigilia della stagione invernale, la Basilicata ricorda di essere fragile. Troppo fragile. Anche perché accanto alle frane c’è lo spettro delle alluvioni. Lo sfasciume idrogeologico di cui parlava Giustino Fortunato è un «cancro inestirpabile», per dirla alla Mario Tozzi, geologo e divulgatore scientifico, noto alla platea televisiva. Il territorio lucano, insomma, deve fare i conti con un rischio perenne. E a ricordarcelo ci sono 473 frane storiche, molte delle quali, «dormienti» per fortuna, risalgono ai primi dell’800.

Territorio Sono 123 su 131 i comuni lucani esposti al pericolo idrogeologico secondo un report del Ministero dell’Ambiente e dall’Upi (Unione Province Italiane).

Di questi 56 sono a rischio frana, due a rischio alluvione, 65 a rischio di entrambe, e rappresentano il 94 per cento dei nostri paesi, il 100 per cento della provincia di Matera. Altri dati allarmanti: il 67 per cento dei lucani ha abitazioni in aree «fragili», in uno su cinque in tali aree sono stati costruiti interi quartieri. In più della metà di queste zone si ergono fabbricati industriali, il che significa, oltre alla minaccia per la vita dei dipendenti, quella di sversamento di prodotti inquinanti in acque o terreni.

A fronte di ciò, solo il 27 per cento ha iniziato la delocalizzazione delle strutture, due comuni su tre non svolgono ordinaria opera di manutenzione delle sponde e delle opere di difesa idraulica.

Prevenzione Sono ancora pochi, infine, i comuni lucani che sembrano aver posto tematiche di protezione civile tra le loro priorità. I piani di emergenza, infatti, sono di un esiguo numero e spesso non aggiornati. Scenario aggravato - sostiene l’Ispra - dalla mancanza di una corretta pianificazione territoriale e dal progressivo abbandono delle aree rurali montuose e collinari.

Il risultato è che rapportando la popolazione a rischio frana con la popolazione residente, la regione con la maggior percentuale di abitanti in zone di questo tipo è la Valle d’Aosta (12,09%) seguita proprio dalla Basilicata (7,02%). Percentuali che emergono da uno studio sull’Italia degli smottamenti. La Basilicata è tra quelle definite da «allarme rosso».

E in questo contesto ci sono paesi che davvero sembrano trovarsi su un castello di sabbia: a Sasso di Castalda, ad esempio, la percentuale di popolazione a rischio «molto elevato» di frana è del 49,34 per cento.

In pratica un residente su due vive su piedi d’argilla. A ruota seguono Carbone con 43,97 per cento, Montescaglioso 40,27, Bella 32,96 e Laurenzana 21,66.

Costruzioni In Basilicata, inoltre, sono quasi 17mila gli edifici a rischio in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata, mentre le imprese che risiedono in zone «fragili» - come dicevamo - sono 2.019 in provincia di Potenza e 474 nel Materano. I dati lucani sono in linea con quelli nazionali: in tutta Italia le industrie e i servizi ubicati in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata sono oltre 84 mila con 220 mila addetti esposti a rischio, mentre quelli esposti al pericolo di inondazione superano i 640 mila (13,4 per cento).

Quanto al rischio alluvioni, secondo gli ultimi dati di Ispra, la Basilicata conta 349 aree potenzialmente allagabili, dato che, in rapporto all’ampiezza del territorio regionale, ci colloca tra le realtà italiane più a rischio. Stanno peggio di noi soltanto l’Emilia Romagna e la Calabria.

Finanziamenti Contro il dissesto idrogeologico ciclicamente arrivano finanziamenti. Ma il Covid ha inciso sui lavori: non a caso restano in cassa (nella disponibilità del commissario al dissesto idrogeologico, Giuseppe Galante) qualcosa come 82 milioni di euro relativi a interventi definanziati. Servirebbero altri 25 milioni per sbloccarli, soldi legati a rincari tra materie prime e opere varie. La situazione è ingarbugliata. E lo è di più in prospettiva perché l’importo per nuovi programmi di intervento ammonta a oltre 123 milioni di euro. Pare che ce ne siano meno di 20 a disposizione. Nel frattempo le circa 10mila frane cartografate, di cui il 40 per cento attive e il 45 «dormienti», sono pronti a risvegliarsi alla prima pioggia.

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