«La mafia continua a riprodursi nonostante arresti e condanne, continuando a esercitare un dominio nei territori, perché di fronte alla criminalità organizzata c’è un atteggiamento che non è di vera repulsione, una sorta di accettazione. Questo è ancora più forte nel mondo giovanile, dove la criminalità si sta infiltrando all’interno di subculture attraverso canzoni e social». Sono le parole del procuratore di Bari Roberto Rossi durante l’incontro su criminalità e disagio giovanile organizzato giovedì sera nella parrocchia San Nicola di Catino, al quale hanno partecipato il giudice Marco Guida, presidente di sezione del Tribunale di Bari, che ha parlato del «senso profondo della giustizia» che deve animare l’impegno di tutti, il referente di Libera Puglia, don Angelo Cassano.
Il procuratore ha fatto riferimento anche a recenti indagini Antimafia che hanno rivelato connivenze, compresi «professionisti che parlavano con questi soggetti e chiedevano voti». Ha poi parlato del «pericolo della sottovalutazione» di certi fenomeni e atteggiamenti e ha raccontato di un incontro con studenti chiedendo loro perché accettassero, senza reagire o ribellarsi, la presenza di spacciatori davanti alle aule delle lezioni. Quegli studenti erano di Giurisprudenza, e lo spaccio cui ha fatto riferimento il procuratore è quello di piazza Cesare Battisti, teatro negli ultimi mesi di aggressioni ed episodi di violenza legati proprio al momento del piccolo spaccio.
La risposta, secondo il procuratore Rossi, è «riconquistare le piazze», un messaggio in linea con la strategia che il Comune ha deciso di seguire per quei luoghi, riempirli e viverli in modo sano come deterrente contro le illegalità. «I cittadini dì Bari non possono aspettarsi solo la presenza costante delle forze dell’ordine, che comunque c’è, - ha continuato il procuratore - ma bisogna riconquistare le piazze e in qualche modo prendersi carico anche dei problemi sociali da cui nascono determinati fenomeni. Per esempio, di stupefacenti e dipendenze non parla più nessuno, si parla solo della repressione».
Non voltare la testa, quindi, fare ognuno la propria parte. Serve «coraggio collettivo» ha detto Rossi, «stare insieme è la vera risposta per fare squadra, cittadini, istituzioni, scuola, forze dell’ordine», con l’obiettivo di «offrire alternative ai ragazzi, fare attività educativa, discutere delle cose, superare la paura e denunciare». Perché, ha ricordato il procuratore, «la vera forza della criminalità organizzata è l’induzione alla paura».
«Ognuno di noi può fare di più, non dobbiamo sottrarci. La speranza è un dolore che non si arrende, noi siamo qui perché non ci arrendiamo, in un momento di sfiducia e rassegnazione» gli ha fatto eco don Angelo Cassano, che ha rilanciato l’allarme sul consumo di crack, soprattutto tra i giovanissimi. «Il fenomeno sta generando una situazione nuova e complessa - ha detto il referente di Libera - è una forma di dipendenza nuova di cui non si ha consapevolezza, porta effetti 3-4 volte superiori a quelli della cocaina, con reazioni anche violente. Viene colpita la realtà giovanile, anche adolescenti di 12-13 anni, ma anche la realtà dei nostri fratelli migranti, con i quali il modello di accoglienza non è andato bene in questi anni, e quindi molti ragazzini di migranti che non hanno prospettiva sono facili prede non solo come consumatori, ma anche come spacciatori». Anche don Angelo Cassano ha fatto riferimento alla «dimensione di cultura mafiosa che affascina i nostri ragazzi»: «Questo - ha concluso - ci deve preoccupare». E allora, la risposta, deve essere «abitare il territorio altrimenti lo abitano le mafie».