BARI - Gli arresti di novembre sono stati disposti con prove schiaccianti: le tangenti pagate nell’ufficio tecnico della Asl di Bari sono state riprese dalle telecamere, e i dialoghi registrati nelle intercettazioni lasciano pochi dubbi. Così quasi tutti hanno confessato, anche solo per poter lasciare il carcere. E ora, a un mese dal processo con rito immediato che si aprirà il 2 aprile, molti degli imputati stanno provando a patteggiare: ma secondo la Procura di Bari le proposte avanzate fino a ora sono troppo basse.
Gli ingegneri Nicola Sansolini, 65 anni, e Nicola Iacobellis, 50 anni, ex dirigenti dell’Area tecnica della Asl ritenuti il fulcro del sistema corruttivo, giovedì scorso hanno chiesto di poter concordare una pena di 5 anni: il massimo possibile in caso di patteggiamento. Un altro personaggio chiave, l’imprenditore Giovanni Crisanti (avvocato Cristian Di Giusto) che è ritenuto il tramite delle dazioni tra gli appaltatori e i dirigenti, ha invece proposto una pena di tre anni e mezzo. Ma per ora il procuratore Roberto Rossi e la pm Savina Toscani hanno dato parere negativo, ritenendo le proposte non congrue.
Il 12 novembre erano finiti in carcere Sansolini, il suo successore Nicola Iacobellis, la geometra Conny Sciannimanico e gli imprenditori Crisanti (avvocato Cristian Di Giusto), Ignazio Gadaleta e Nicola Minafra, mentre Paola Andriani (moglie di Iacobellis) e gli imprenditori Nicola Murgolo, Cataldo Perrone (l’unico nel frattempo tornato libero) e Giuseppe Rucci erano andati ai domiciliari. Secondo la Procura i tre dipendenti Asl avrebbero messo su una associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbativa d’asta, falso e illecito subappalto. In cambio degli appalti e delle perizie di variante avrebbero chiesto e ottenuto denaro e favori: soldi, regali costosi e ristrutturazioni. Nelle perquisizioni sono stati sequestrati oltre 400mila euro, più di quanto contestato nei capi di imputazione formulati sulla base dei video captati dalla Finanza nelle auto e negli uffici.
Il quadro probatorio è ritenuto granitico. Le imputazioni comportano pene intorno ai 10 anni. Per percorrere la strada del patteggiamento è necessaria innanzitutto la restituzione del profitto. Ai due ex dirigenti sono stati sequestrati rispettivamente 173mila (Iacobellis) e 90mila euro euro (Sansolini), altri 60mila a Crisanti, soldi che potrebbero coprire il danno: su questo i difensori stanno provando a interloquire con la Procura. Anche l’imprenditore coratino Perrone ha chiesto di patteggiare (il suo difensore, Mario Malcangi, ha proposto due anni e mezzo), così come hanno fatto Minafra e la Andriani.
Chi ha chiesto il patteggiamento non comparirà davanti al collegio ma dovrà presentarsi davanti al gup (l’udienza non è stata fissata), dove le proposte che hanno ricevuto parere negativo possono essere ulteriormente riformulate. Se i patteggiamenti vengono rigettati, gli imputati hanno comunque il diritto di chiedere il rito abbreviato: scelta, quest’ultima, che hanno già fatto sia la Sciannimanico (avvocato Gaetano Sassanelli) che il costruttore Nicola Murgolo (avvocato Nino Ghiro).