Sabato 06 Settembre 2025 | 18:41

Decaro: «Ditelo che Bari è mafiosa, siete senza coraggio, come la mafia». Il centrodestra: «Quereleremo il sindaco»

 
Michele De Feudis e Rosanna Volpe

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Michele De Feudis e Rosanna Volpe

Decaro: «Ditelo che Bari è mafiosa, siete senza coraggio, come la mafia»

L'attacco del sindaco al centrodestra nel comizio con Elly Schlein e l’Annunziata. La reazione di Sisto e di Fratelli d'Italia: «Spieghi Decaro le nomine e la storia dei Capriati»

Mercoledì 05 Giugno 2024, 09:33

17:13

BARI - Elly Schlein arriva poco prima delle 1830 in Via Sparano per dare la carica alla comunità dem e a Vito Leccese nelle ultime giornate delle comunali di Bari, dove l’obiettivo è la vittoria al primo turno. Ma se la segretaria tocca i temi neazionali dello scontro in atto con il presidente del Consiglio Meloni, è il sindaco uscente di Bari, Antonio Decaro, ad attaccare frontalmente il centrodestra, con parole di fuoco pronunciate durante il comizio, davanti a duemila e cinquecento partecipanti:

«Veniteci a parlare del vostro progetto dell’autonomia differenziata, veniteci a spiegare perché state togliendo a questa città due milioni e mezzo di euro per tagliare i servizi importanti alla città di Bari, veniteci a dire cosa volete fare dell’Aqp, venite in piazza, e venite a dire di questo palco quello che avete scritto su quei manifesti infamanti: ditelo da qui che questa è una città mafiosa. Ma non avete coraggio, perché siete come la mafia, senza coraggio, non lo farete». Il riferimento del candidato alle Europee dem è ai manifesti diffusi da Forza Italia dopo gli arresti di esponenti del centrosinistra in seguito all’inchiesta Codice interno e alla polemiche dei giorni scorsi sull’impugnazione da parte del governo della legge sull’Acquedotto pugliese: con questi toni sale la temperature, già afosa, delle ultime giornate di campagna elettorale, dopo le polemiche di lunedì tra Michele Laforgia e Vito Leccese sempre sulle inchieste sul malaffare in città.

Il pomeriggio era iniziato con l’arrivo di Elly davanti allo storico negozio Cima di Via Sparano, accolta da Lucia Annunziata, capolista alle Europee, ma soprattutto da Antonio Decaro e Vito Leccese, sommersi dalle richieste di selfie da parte dei cittadini. «Anto’ vedi che abbiamo ancora il giubbotto rosso», dice un sostenitore dem. Da lì passano anche il rettore Uniba Stefano Bronzini, c’è Nico Stumpo, king maker della campagna dell’Annunziata, e Giovanni Sasso, spin doctor di Decaro e Leccese, ribattezzato dal «Foglio» «Gennaro», come il noto filosofo studioso di Giovanni Gentile e Benedetto Croce. Manca il governatore Emiliano, a Brindisi per un vertice con il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi.

Il comizio? Inizia soft. La Annunziata attacca la destra: «L’autonomia è una richiesta inspiegabile dal punto di vista economico» e poi «basta razzismo contro il Sud, e muri contro i diversi e i meridionali». Il momento clou è l’intervento di Decaro, che descrive Bari «come uno scrigno di colori», ricorda quando il muro di Piazza Chiurlia «separava la Bari bene da quella male» e rivendica il ruolo della memoria per testimoniare i cambiamenti positivi nella città. «Dobbiamo avere cura di quello che siamo diventati», dice ancora. I passaggi successivi sono un crescendo: «Bari non è Zurigo, non è Milano e non è Berlino, Bari è Bari e noi siamo orgogliosi di essere baresi. E nessuno riporterà indietro questa città».

Poi il passaggio rovente sulle inchieste che hanno interessato la città ed alcuni esponenti del centrosinistra: «Abbiamo subito un attacco mediatico da parte del centrodestra senza precedenti. Hanno provato a farci cadere in tutti i modi. Ma siamo ancora qui.  Le elezioni si vincono nelle piazze, non andando nella stanza del ministro a cercare di truccare le regole del gioco. Venite qui a farci vedere le vostre idee». Parte qualche coro contro «la stronza della Meloni». La chiusura: «Ho fatto il sindaco di tutti, di chi si lamentava.  Ho trovato soluzioni senza giudicare. Non ho mai tradito i miei ideali. Si possono perdere le elezioni ma non la dignità. Se sarò eletto al parlamento rappresenterò questa città con disciplina e onore. Andiamo a vincere con Vito Leccese».

Il candidato sindaco del Pd e delle liste civiche decariane, descrive il voto di sabato e domenica come un bivio tra due visioni, «tra chi vuole andare avanti e chi vuole andare indietro», «tra Scippolandia e la città che sulla Lonely Planet è una delle mete più ambite d’Europa», «tra la città che subiva l’ecomostro (Punta Perotti, ndr) e quella che avrà Parco Sud, il parco urbano più grande della Puglia», «tra chi sarà rappresentato in Ue da Vannacci e chi da Decaro». Poi una battuta a Laforgia: «Sono un uomo delle istituzioni, mi piace amministrare e prendersi cura delle persone. Non mi trovo a mio agio nei talk, ma se mi provocano una risposta la devo, anche se so di non impressionare neanche un gatto. Chi dice che con la mia elezione si rischia lo scioglimento per mafia usa una argomentazione scorretta verso di me e la mia storia, e scorretta verso Bari. Lo dico a Laforgia, che non lo considero un avversario. Lasciamo che queste minacce vengano fatte dalla destra senza idee e senza sogno».

Altro «carico» arriva da De Santis, verso Adriana Poli Bortone: «Vuole cacciare i leninisti. Noi non siamo leninisti e non cacciamo nessuno, e ti insegneremo come si fa politica». Ecco la relazione della Schlein, che ringrazia Decaro e incoraggia Leccese che sa «dove mettere le mani per costruire e proseguire il lavoro di Decaro». Siluri alla Meloni, per il clamore del centrodestra sulle indagini baresi, «a cui abbiamo reagito con vigore, invocando i nostri dirigenti come anticorpi», mentre la destra «fa due pesi e due misure», con la grande «ipocrisia sul caso Toti». Elly invoca «l’umiltà dell’ascolto» nella centosedicesima tappa del suo tour, iniziato il primo maggio «raccogliendo speranze e paure degli italiani». Parla di sanità pubblica, salario minimo, saluta Nicolas Schmit, candidato presidente della Commissione europea per i socialisti (che incita tutti ad «essere antifascisti»), e riapre il capitolo dello ius soli, con un passaggio sugli stranieri («il 70 per cento degli stranieri per la destra sono cresciuti in Italia, sono italiani. La legge va cambiata»). Il Pd della Schlein riprende temi di sinistra, attacca i nazionalpopulisti alla Orban, e le associazioni antiabortiste nei consultori, chiede tasse per le multinazionali e missioni di recupero degli immigrati sulle barche del Mediterraneo. E ancora «pace a Gaza» e amore arcobaleno («Non ci facciamo dire dalla destra chi abbiamo il diritto di amare e sposare»). La chiusura: «Meloni parla da Madrid circondata a nostalgici di Franco e sostenitori di Trump, noi da Bari gridiamo viva l’Italia antifascista».

Il centrodestra: «Quereleremo il sindaco. Spieghi lui nomine e la storia dei Capriati» (di Rosanna Volpe)

Clima surriscaldato nelle ultime giornate di campagna elettorale barese: alla dichiarazioni di Antonio Decaro (ne scriviamo nell'articolo di apertura) hanno replicato ieri i maggiorenti del centrodestra, riuniti a Villa Romanzzi Carducci per una manifestazione con il ministro dell'Agricoltura Francesco Lollobrigida.

All'unisono il viceministro Francesco Paolo Sisto, il sottosegretario Marcello Gemmato e il senatore Filippo Melchiorre hanno puntualizzato la posizione della coalizione: «Finora abbiamo scelto di non alzare i toni e di non cavalcare le vicende giudiziarie che hanno portato gli ispettori del Ministero dell’Interno a Bari, per verificare le possibili infiltrazioni mafiose nelle aziende municipalizzate e nel Comune di Bari. Ma l’uscita scomposta e meritevole di pronta querela del sindaco uscente, candidato alle Europee del Pd, ci costringe a farlo: è Decaro che deve spiegare alla Commissione antimafia, le parole di Emiliano che da un palco, ha detto di averlo affidato alla sorella di un boss, senza che lui lo smentisse. È sempre Decaro a dover spiegare le sue scelte per i vertici delle municipalizzate, di cui ha diretta responsabilità. Dopo l’Amtab, la magistratura sta indagando su Retegas, per non parlare del caso Vulcano, fedelissimo di Decaro, ancora alla presidenza dell’Asi, dopo esserlo stato di Amtab, senza aver pagato le tasse. E basta, con il clamoroso tentativo di truffare i baresi: nessuno di noi ha mai detto che Bari è mafiosa. Quello che la Procura, la Commissione antimafia e gli ispettori del Ministero stanno verificando è se la sua amministrazione abbia per anni gestito la cosa pubblica, avvalendosi delle inquietanti presenze della criminalità organizzata. Delle sue gravi affermazioni, solo oltraggiose e certo non coraggiose, Antonio Decaro risponderà davanti al giudice penale. Il disperato tentativo di utilizzare insulto come strumento di campagna elettorale, siamo convinti gli si ritorcerà contro». Il candidao sindaco Fabio Romito, sul tema, ha detto che le «parole di Decaro sono assolutamente vergonose, perche' noi non abbiamo tentato di lucrare politicamente sulle inchieste che hanno colpito la sinistra barese».

Il ministro Lollobrigida ha parole di elogio per il candidato sindaco barese: «Siamo ultracompatti su Fabio Romito. È una candidatura di una persona che si è affermata nella professione, che ama Bari, che ha esperienza, che è capace, che si rappresenta non solo come il nuovo, in senso di alternativa alle cose che sono state dette. Mi sembra che Bari non meriti l’imbarazzo di persone che tentano per raccogliere qualche preferenza di strumentalizzare anche concetti vergognosi, dando agli avversari politici dei mafiosi. Forse la conoscerà lui (Decaro, ndr) la mafia talmente bene da poter usarla come aggettivo qualificante degli altri». «Noi siamo lontani da questo - ha continuato il ministro - e Romito è il candidato giusto per interrompere un modello che, probabilmente, si è consolidato nelle clientele più che nei valori che sono riferibili alla straordinaria città di Bari. Peraltro siamo in procinto, da qui a poco, di svolgere qui in Puglia per volontà della presidente Meloni, il G7».

Michele Laforgia, candidato di sinistra, M5S e Psi, e' tornato sulla questione morale nel comizio a Madonnella, rivelando un particolare delle relazioni con il pezzo del centrosinistra schierato con Leccese: «In tutti questi mesi nessuno ha mai detto in pubblico le ragioni per le quali chi vi parla era divisivo, ma lo hanno detto in privato. E siccome io sono abituato a dire la verità, la ragione principale era: se sei candidato tu, quelli se ne vanno a destra». Il penalista ha specificato chi erano "quelli": «Una parte di quelli sono quelli che sono stati arrestati. Una parte di quelli sono quelli che sono stati sciolti dopo gli arresti. Perché noi, quello che tentavamo di dire, è che forse era il momento giusto, dopo vent'anni, di pensare a un nuovo centrosinistra che allargasse il suo orizzonte anche al M5S e che magari facesse a meno di una parte di centrosinistra che non aveva dato gran prova di sé e che si era caratterizzata anche per un po’ di trasformismo».

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