NOCI - Un sequestro conservativo di circa 1,7 milioni di euro è stato disposto dal Tribunale di Bari nell’ambito di un processo in corso per una presunta truffa alla Regione relativa alla ristrutturazione di un immobile ecclesiastico di Noci di proprietà dell’Istituto Figlie di Sant’Anna, che - è l’ipotesi della procura di Bari - sarebbe stata effettuata gonfiando i costi, così da ottenere un contributo pari a 1.468.553 euro di fondi europei a fronte di spese effettive molto minori. Per questa vicenda, che nel 2017 portò ai domiciliari un ex assessore del Comune di Noci, Vittorio Lippolis, sono a giudizio 16 persone che rispondono, a vario titolo, di truffa aggravata per il conseguimento di fondi pubblici, autoriciclaggio e false fatturazioni.
Le indagini della Finanza coordinate dal pm Federico Perrone Capano hanno accertato che gonfiando i costi della ristrutturazione dell’immobile di via Barsento 15 (trasformato in una casa di riposo) Lippolis avrebbe drenato circa 210mila euro di fondi europei provenienti dal Por Puglia 2007-2013. Una parte dei soldi sarebbe finita direttamente alle religiose. Ed è per questo che sono a processo anche la procuratrice legale delle Figlie di Sant’Anna, Rita Palmira Caiaffa di Copertino, e l’economa Celia Maria Parente Portelia, oltre che un consulente dell’ente ecclesiastico, il commercialista Paolo Vincenzo Gentile, e i professionisti, i titolari delle imprese e delle ditte individuali che hanno partecipato alla ristrutturazione: secondo la Procura avrebbero emesso fatture gonfiate per consentire a Lippolis di documentare costi più alti alla Regione. La Procura gli contesta anche l’autoriciclaggio perché una parte del denaro ottenuto in più dalla Regione (parliamo di 202mila euro) sarebbe finito sui conti di una sua società, la Lipa Sas, attraverso undici bonifici disposti da una delle imprese di costruzione, la Md Costruzioni Generali di Daniele Maggipinto (co-imputato).
Nel 2017 la Procura aveva chiesto e ottenuto un sequestro preventivo per equivalente per circa 1,7 milioni su conti correnti e immobili degli indagati. Ora, su richiesta della Regione che si è costituita parte civile (con l’avvocato Rita Biancofiore), quel sequestro è stato convertito in conservativo per mantenere «il vincolo reale sul denaro che potrebbe essere sottratto alla garanzia dei creditori e dell’erario» perché il reato di truffa aggravata «è prossimo alla prescrizione» e quindi quelle somme potrebbero essere restituite con il «pericolo concreto di dispersione e depauperamento della somma oggetto di finanziamento da parte della Regione».