BARI - Malore in aula per l’imputata usuraia. Nella prima udienza del processo sul presunto giro di usura che fino al 2021 sarebbe stato gestito a Valenzano dai famigliari dell’ex boss Michelangelo Stramaglia (ucciso nel 2009 in un agguato mafioso) e del pluripregiudicato Salvatore Buscemi (noto alle cronache giudiziarie anche per essere stato coinvolto nell’inchiesta sui voti comprati alle amministrative del 2019 con l’ex consigliera comunale barese Francesca Ferri e il compagno Filippo Dentamaro), la sorella del boss è svenuta. L’udienza, nella quale si sono solo costituite le parti ed è stato conferito l’incarico per la trascrizione delle intercettazioni, era in chiusura quando la 67enne Chiara Stramaglia, sorella di Michelangelo e zia di Buscemi, si è sentita male ed è stato portata in ospedale in ambulanza.
La donna è stata arrestata (ai domiciliari) a settembre scorso con il figlio 30enne, Francesco Giangregorio, con l’accusa di usura e tentata estorsione. «Per piacere, devi portare i soldi...o vuoi mazzate? O vuoi che ti mando le persone a casa tua?» è una delle minacce che la 67enne avrebbe rivolto a un commerciante per costringerlo a pagare gli interessi sui soldi prestati, che sarebbero dovuti servire a ripagare un precedente debito usuraio contratto con il nipote Buscemi.
La vicenda risale al periodo compreso tra giugno 2020 e marzo 2021. L’indagine della Guardia di Finanza, coordinata dal pm della Dda Fabio Buquicchio, è partita dalle denunce presentate dalla vittima a novembre 2020 e poi a marzo 2021. Nelle due denunce il commerciante aveva raccontato dei debiti contratti con Buscemi e che poi, dopo le minacce ricevute dal boss, si era rivolto ai suoi famigliari, sperando in una mediazione e chiedendo un ulteriore prestito per coprire i debiti accumulati con il parente pregiudicato.
A giugno 2020 il commerciante aveva ricevuto 5mila euro, a luglio 10mila, a settembre altri 10mila, per un totale di 25mila euro. Per ogni tranche sarebbero stati pattuiti interessi tra i 250 euro e i 1.250 euro al mese da pagare anticipatamente. Il prestito - è specificato negli atti - era stato inizialmente effettuato dal boss Buscemi, rispettivamente nipote e cugino dei due arrestati. Per costringere il commerciante, che ormai versava «in stato di bisogno», a pagare «le somme illecitamente pretese a titolo di interessi usurari» i due, a marzo 2021, lo avrebbero poi pesantemente minacciato. Il boss in persona si sarebbe presentato al suo ufficio avvertendolo che in caso di ritardi nei pagamenti gli avrebbe «strappato i denti» e lo avrebbe «lasciato a terra morto».
Gli inquirenti poi hanno accertato anche il coinvolgimento del marito della donna, Filippo Giangregorio, accusato di attività finanziaria abusiva ai danni di tre imprenditrici di Valenzano: senza averne titolo né autorizzazione, avrebbe fatto da intermediario finanziario prestando anche denaro per decine di migliaia di euro. Si tornerà in aula il 28 maggio per sentire i primi testimoni dell’accusa.