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«Sandrino tentò di inquinare le indagini». La Procura: ha simulato un complotto

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

«Sandrino tentò di inquinare le indagini». La Procura: ha simulato un complotto

Dopo l’arresto di Cataldo con l’accusa di aver comprato voti a favore del sindaco di Triggiano. Sui domiciliari deciderà il riesame

Mercoledì 17 Aprile 2024, 07:00

BARI - Sandrino Cataldo avrebbe tentato di salvarsi dalle accuse di aver comprato voti inscenando l’esistenza di un complotto ordito ai suoi danni. Lo avrebbe fatto coinvolgendo Armando De Francesco, l’ex consigliere circoscrizionale di Bari che parlando (senza sapere di essere registrato) con il maresciallo della finanza Gerardo Leone ha di fatto dato il via all’indagine con cui il 4 aprile sono finiti entrambi (Cataldo e De Francesco) ai domiciliari. Ne sono convinti i pm Claudio Pinto e Savina Toscani, in una lettura condivisa con il gip Paola De Santis che lunedì ha detto «no» alla scarcerazione del deus ex machina di Sud al Centro, una delle liste civiche principali del centrosinistra pugliese.

Il riferimento è alla chiavetta Usb (ritrovata in una borsa che Cataldo aveva con sé il giorno dell’arresto) su cui c’è il file audio di una conversazione con De Francesco del 12 marzo. Un colloquio in cui l’ex consigliere si scusa con Cataldo per averlo accusato di aver comprato voti, giustificandosi con il fatto di essere stato a sua volta costretto a fare quelle dichiarazioni. Una conversazione di «nessun valore probatorio», secondo la Procura: Cataldo «non ha fornito una spiegazione verosimile di tale registrazione audio, e, in particolare delle ragioni per le quali effettuava la stessa ad oltre tre anni di distanza dai fatti per cui si procede, né ha fornito elementi in virtù dei quali ritenere tale dialogo effettivamente genuino e non già artatamente concordato con il suo correo anche in ragione del tenore del dialogo e delle frasi utilizzate». Una vera e propria polpetta avvelenata: secondo chi indaga Cataldo aveva nel cellulare la copia di alcuni atti relativi all’indagine sull’ex consigliere regionale Giacomo Olivieri in cui si parla di lui e di sua moglie Anita Maurodinoia a proposito di una compravendita di voti durante le comunali 2019 di Bari. Atti che Cataldo ha ricevuto il 10 marzo, due giorni prima della registrazione.

La gip De Santis ha rilevato «i rapporti familiari e di risalente complicità» tra Cataldo e De Francesco, che su Facebook si definiva «figlioccio» di Sandrino e che gli gestiva il profilo Facebook («La pagina Facebook me l’ha creata lui - ha detto Cataldo durante l’interrogatorio di garanzia -, perché io non avevo tanta dimestichezza») e ha anche valorizzato il fatto che Cataldo e De Francesco si sono sentiti giornalmente fino al 27 marzo. Un particolare ricostruito dal consulente tecnico della Procura esaminando il cellulare di Cataldo, nel quale è stata rilevata la cancellazione di tutti i contenuti: proprio come farebbe, insomma, chi si aspetta un sequestro del telefonino. Ma soprattutto, secondo il gip, sono le circostanze raccontate dai figli dell’ex vicesindaco Perrelli (tutti rimessi in libertà lunedì) che «sconfessano - di fatto - sia la genuinità del file la cui trascrizione il Cataldo ha prodotto nel corso dell’interrogatorio di garanzia, che l’interruzione dei rapporti» tra Sandrino e De Francesco. D’altra parte - prosegue ancora il gip, pur sapendo bene che le indagini sono nate dalle «confessioni» di De Francesco, «il Cataldo non solo non lo allontana, ma anzi lo frequenta assiduamente e lo coinvolge in plurimi contesti, politici e lavorativi».

Sotto un diverso profilo, quello della consapevolezza dell’acquisto di voti (le indagini hanno materialmente documentato pagamenti effettuati da De Francesco e dall’imprenditore Giuseppe Calisi), il gip ha rilevato che Cataldo e l’ex sindaco di Triggiano, Antonio Donatelli, erano «in contatto per delineare i termini della campagna elettorale sin dal precedente mese di maggio 2021 e senza sostanziale soluzione di continuità anche nei successivi mesi di giugno, luglio» e fino alle votazioni di ottobre. Il gip ha rilevato anche un apparente contrasto tra le versioni date da Donatelli e da Vito Perrelli sulla nomina di quest’ultimo a vicesindaco, perché Donatelli ha detto di essersi imposto su Cataldo (per «limitarne le pretese»), mentre Perrelli ha detto che Cataldo si è imposto su Donatelli. «La nomina gli spettava di diritto perché erano la seconda lista - ha detto Donatelli nell’interrogatorio riferendosi alle due liste di Cataldo che avevano fatto il pieno di consiglieri -, poi riesco a spuntare, ripeto, gongolando il Cataldo, di non dargli due assessori ma di dargliene uno quindi li ridimensiono, ma li ridimensionerò ancora di più un anno dopo quando ci fu la crisi». Perrelli (che non si era candidato) ha invece riferito al gip che fu Cataldo a fare il suo nome al sindaco: «Mi dice: “vedi che non è possibile, non abbiamo trovato nessuno, non c’è nessuno, tu soltanto lo devi fare. Lo devi fare, per spirito di sacrifìcio lo devi fare”. Io ho detto: “Se non c’è nessuno ma ti prego, se non c’è nessuno, io ti do la mia disponibilità”».

La partita si sposta ora al Riesame, cui si sono rivolti sia Cataldo (avvocati Mario Malcangi e Lucio Smaldone) che Donatelli (avvocato Beppe Modesti) e De Francesco (avvocato Nicola Quaranta). Ma gli accertamenti della Procura non sono ancora terminati.

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