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Molfetta, morì stroncato da reazione allergica a farmaco al Pronto soccorso: Asl condannata a risarcire la famiglia

 
Matteo Diamante

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Matteo Diamante

Molfetta, morì stroncato da farmaco Asl condannata a risarcire la famiglia

A marzo del 2021 la morte di un uomo di 58 anni. Tre anni dopo la Asl Bari condannata a risarcire la famiglia della vittima per oltre 150mila euro

Sabato 02 Marzo 2024, 11:00

MOLFETTA - Una reazione allergica mal trattata che ha portato nel marzo del 2021 alla morte di un uomo di 58 anni di Molfetta assistito dai sanitari del Pronto soccorso dell’ospedale cittadino. Tre anni per aver giustizia con la Asl di Bari condannata a risarcire la famiglia della vittima per oltre 150mila euro. Un caso di malasanità causato, dicono gli atti, dalla disattenzione del personale sanitario del Don Tonino Bello.

All’origine del decesso un malore causato da una reazione allergica, dovuta con ogni probabilità all’assunzione di un farmaco. Il Tribunale di Trani, infatti, ha accertato (anche a seguito di un’apposita consulenza tecnica d’ufficio) la «condotta colpevolmente omissiva posta in essere dai medici e dal personale sanitario del Pronto Soccorso» che presero in cura l’uomo. A tale condotta, secondo il giudice che ha accolto il ricorso proposto dall’avvocato Antonio Calvani dell’Unione Nazionale Consumatori di Molfetta, deve essere ricondotto il decesso, avvenuto dopo circa quattro ore dall’arrivo dell’uomo al Pronto Soccorso. Durante tutto questo tempo il paziente, secondo l’accusa - era rimasto privo di adeguata assistenza e di costante monitoraggio da parte dei sanitari, sino all’arresto cardiaco che gli è stato fatale. In particolare i consulenti tecnici nominati dal giudice hanno accertato come il personale in servizio in quel momento presso il Don Tonino Bello non abbia somministrato al paziente alcuna dose di adrenalina che, si legge nella sentenza, «nelle anafilassi di grado moderato (quale quella occorsa nell’occasione) è universalmente considerata un trattamento di prima linea, prescritto dalle linee guida».

Tale omissione avrebbe evidentemente fatto perdere al paziente (che al momento del suo arrivo in ospedale era vigile e cosciente) la concreta possibilità di salvarsi. «Si tratta di una vicenda triste e dolorosa – ha spiegato l’avvocato Calvani – che ha costretto i parenti della vittima a rivivere, nel corso del giudizio, quei momenti drammatici. Ma questo caso denuncia ancora una volta, laddove ce ne fosse bisogno, il gravissimo problema di un’assistenza sanitaria assolutamente carente e deficitaria sul territorio, che addirittura mette in pericolo la vita delle persone che si recano in ospedale ed espone a gravissimi rischi gli stessi operatori sanitari costretti a operare in un contesto estremamente difficile e sotto stress.»

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