BARI - Sì. Anzi, no. Diciamo, forse. L’impianto in grado di produrre energia pulita per alimentare le navi ormeggiate nei porti di Bari e Brindisi quando il motore delle imbarcazioni è spento, un modello di sostenibilità seguito in tutto il mondo, in Puglia è ostaggio della burocrazia. Per lo scalo barese c’è il via libera della Regione, non quello di Ufficio Paesaggio del Comune e Sovrintendenza. A Brindisi, invece, la strada sembra in discesa: a certe condizioni si può fare. E così, al termine di estenuanti e faticose riunioni in sede di Conferenza di servizi, al presidente dell’Autorità di sistema portuale del mare adriatico meridionale, Ugo Patroni Griffi, non resta che spedire l’intero dossier al ministro per il Sud e Coesione territoriale, Raffaele Fitto e al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti guidato da Matteo Salvini. Sollevando così un caso nazionale.
Questa è la storia, tutta italiana, del progetto per realizzare nei due scali marittimi pugliesi sistemi di «cold ironing». Obiettivo: generare energia da terra mantenendo inattivi i generatori ausiliari delle navi durante la sosta in porto, abbattendo in questo modo le emissioni di zolfo e anidride carbonica del 30%, e di ossido di azoto e polveri sottili del 95%. Per non parlare dell’inquinamento acustico. Una misura green da 32 milioni di euro, dei quali 22 finanziati dal ministero delle Infrastrutture, che consiste nella elettrificazione delle banchine di Punta delle Terrare, nel porto di Brindisi, e di quelle della Darsena di Ponente del porto di Bari. Ma quanta fatica, visto che i fondi devono essere spesi entro il 31 dicembre 2025.
Lo scorso maggio parte la Conferenza di servizi con tutti i (tanti) soggetti coinvolti (Soprintendenza Archeologica, belle arti e paesaggio per la Città Metropolitana di Bari e l’ente gemello per le province di Brindisi e Lecce, Regione Puglia, Città Metropolitana di Bari, Provincia di Brindisi, Comuni di Bari e Brindisi, Autorità di Bacino distrettuale dell’Appennino meridionale, Agenzia del Demanio, Agenzia delle Dogane, Capitaneria di porto di Bari, Capitaneria di porto di Brindisi e Consorzio Asi di Brindisi) finalizzata ad ottenere l’autorizzazione unica Zes.
Mentre su Brindisi la Regione permetterà di procedere con la gara, su Bari, si viene a creare una pericolosa situazione di impasse. Secondo Sovrintendenza e Ufficio Paesaggio del Comune di Bari c’è una presunta incompatibilità tra l’intervento (tettoie fotovoltaiche a servizio dei parcheggi già esistenti) e il vincolo paesaggistico relativo ai «territori costieri compresi in una fascia della profondità di 300 metri dalla linea della battigia». Per la Regione, invece, questo vincolo, in base al piano paesaggistico territoriale regionale (Pptr) e alle norme urbanistiche vigenti non c’è. L’Autorità portuale osserva come, notoriamente, un porto sia «del tutto privo di naturalità», essendo invece «caratterizzato piuttosto da luoghi ampiamente antropizzati e tipici degli ambienti portuali (banchine, piazzali, attrezzature, stazioni marittime, grandi aree di sosta per auto e trailer, etc..)».
Del resto «se, per assurdo - ragiona l’Autorità nella missiva inviata ai ministeri - tale posizione di contrasto venisse perpetrata, ci si troverebbe davanti ad una totale impossibilità a realizzare opere ed interventi edilizi - di qualsiasi tipo essi siano - negli ambiti portuali atteso che gran parte delle loro aree ricadono inevitabilmente» entro i «300 metri dalla linea di battigia imposti dalla norma». Insomma, se seguisse l’impostazione della Sovrintendenza, nei porti non si potrebbe realizzare nulla. Secondo l’Autorità, invece, è venuta a mancare una «equilibrata valutazione e contemperazione degli interessi in gioco». Insomma, va bene la tutela del patrimonio culturale e paesaggistico, ci mancherebbe altro, ma forse c’è da contemperare questo principio anche con il «perseguimento dello sviluppo sostenibile nella sua più ampia accezione», come da giurisprudenza del Consiglio di Stato citata nella missiva. E la soluzione proposta dalla Sovrintendenza, realizzare «pellicole» solari meno «invasive» non servirebbe perché la quantità di energia «pulita» prodotta in questo modo sarebbe insufficiente per il fabbisogno delle navi in porto.
Di qui la richiesta di incontro inviata a Fitto e Salvini. Si fa presto a dire sostenibilità.