BARI - «Il Catanzaro può essere la rivelazione della B, ma il Bari sarà protagonista». Alberto Cavasin si proietta sulla sfida di domenica al San Nicola (alle 16,15) tra i biancorossi ed i calabresi. Un match particolarmente sentito dal tecnico di Treviso che da calciatore ha vestito entrambe le maglie, calcando il palcoscenico della serie A.
Negli oltre trent’anni in panchina (più di 15 club guidati, anche con alcune esperienze all’estero), spicca l’esperienza al Lecce dal 1999 al 2002, con due brillanti salvezze nel massimo campionato. «Sul piano delle emozioni, Bari rappresenta senza dubbio la tappa più esaltante della mia carriera agonistica: centrammo il doppio salto dalla C alla A, passammo alla storia per essere arrivati addirittura in semifinale di Coppa Italia, eliminando addirittura la Juventus di Platini e la Fiorentina di Passarella. Quel gruppo riuscì a fare innamorare di nuovo una piazza traumatizzata da un’inaspettata discesa agli inferi…Di Catanzaro ricordo una piazza affettuosa, una città appassionata di calcio, ma purtroppo quella stagione fu in continua sofferenza: retrocedemmo in B, disputando un campionato sempre in affanno. Oggi è un conforto rivedere questo confronto almeno sul palcoscenico della B, con due società solide e ambiziose».
Come inquadra il contesto dei due club?
«Sono stato a Bari la scorsa settimana: quella serie A mancata per 120 secondi è un trauma ancora vivo nelle persone. Praticamente non si parlava d’altro: veder svanire un sogno fantastico in quel modo crudele è davvero un epilogo incredibile. È scontato che adesso la squadra sia chiamata a rigenerare quella passione travolgente e non è facile. Ma se arrivano i risultati, il tifoso barese non tradisce mai e spingerà con tutto il cuore per riprovare il grande salto. Il Catanzaro viene da una promozione a suon di record, è partito forte perché ha puntato sul blocco che ha conquistato la serie B, però si è anche scontrato con la realtà di questa categoria subendo una netta sconfitta dal Parma. Se i calabresi avranno imparato la lezione, potranno anche ambire a ripercorrere il cammino riuscito proprio al Bari lo scorso anno: ovvero, una matricola che si spinge in alto».
Il Bari è cambiato molto: riuscirà comunque a ripetersi?
«Sicuramente perdere elementi come Caprile, Cheddira e Folorunsho può pesare. Tuttavia, parliamo comunque di tre ragazzi che lo scorso anno si sono rivelati in B. Sulla carta, invece, la squadra attuale dovrebbe avere maggiori certezze nella categoria: i ragazzi che venivano dalla C vantano un anno in più di esperienza in cadetteria, poi sono arrivati elementi che dovrebbero rappresentare una vera garanzia come Acampora, Aramu e Diaw, nonché un giovane davvero promettente come Nasti. I valori non mancano: secondo me il Bari ha le carte in regola per giocarsi il massimo traguardo alla pari con le varie Parma, Palermo o le retrocesse dalla A. Serve soltanto un po’ di tempo per creare i giusti automatismi. Ma Mignani è un allenatore pragmatico e intelligente: troverà la formula giusta».
I biancorossi cercano ancora il primo successo interno: può essere domenica l’occasione giusta?
«Il vantaggio è che il Catanzaro è una squadra che non specula: verrà al San Nicola per giocare il suo calcio, senza chiudersi. Vivarini è un allenatore abile a trovare il giusto equilibrio tra le due fasi: quindi, può scaturire un incontro ad alta intensità e con contenuti di livello. Perche il Bari prevalga bisogna far valere la maggiore esperienza nella categoria: deve assumere il controllo delle operazioni, far pesare il tasso tecnico degli elementi più dotati, spingere con convinzione. Però, abbattiamo un tabù che sto sentendo troppo spesso: il San Nicola non può essere un problema, ma è soltanto un valore aggiunto».
Eppure, a volte si sente dire che Bari genera pressioni difficili da gestire…
«Certo, come accade a Milano, Roma, Napoli, Torino e in qualsiasi grande città. Bari produce numeri da A e si sente in quel palcoscenico. Confesso che l’anno in C fu un incubo: vincemmo il campionato, ma con uno stress pazzesco, sapevamo di avere un solo risultato a disposizione e non potevamo sbagliare. Tuttavia, l’amore collettivo che poi spinse la nostra avventura in Coppa mi fece cambiare punto di vista: di una piazza così devi goderti la passione, la presenza, insomma quelle componenti che ti fanno sentire un calciatore importante. Se è vero che la piazza ti carica di responsabilità, è anche assodato che riserva la più dolce delle ricompense a chi ne onora la maglia. Sono passati 36 anni dalla mia esperienza tra i Galletti, eppure continuo a venire a Bari… È un legame che ti entra nel sangue».