BITONTO - La Procura di Bari ha chiesto la condanna a 30 anni di reclusione per il 21enne Fabio Giampalmo, imputato dinanzi alla Corte di Assise per l’omicidio di Paolo Caprio, l’imbianchino 40enne di Bitonto, aggredito a pugni e ucciso nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2021 all'esterno del bar di una stazione di servizio sulla strada provinciale tra Modugno e Bitonto. All’imputato il pm Ignazio Abbadessa contesta il reato di omicidio volontario aggravato dai futili motivi e dall'aver commesso il fatto "attraverso l'uso di tecniche di combattimento tali da ostacolare la privata difesa". Il 21enne, infatti, con piccoli precedenti per droga e furto, era un esperto di box e arti marziali. Al termine della requisitoria, il pm ha fatto la richiesta di condanna spiegando di non chiedere il massimo della pena, cioè, l’ergastolo, perché ritiene che l’omicidio sia stato commesso con il dolo eventuale.
Dinanzi alla Corte (presidente Antonio Diella), il pubblico ministero ha ripercorso, aiutandosi con le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza della stazione di servizio, la dinamica dell’aggressione, ricostruendo anche il contesto sociale, ipotizzando il movente e descrivendo la personalità dell’imputato. “Giampalmo – ha detto il pm – risulta vicino al gruppo criminale Cipriano di Bitonto” e quando ha colpito Caprio lo avrebbe fatto “per rispondere a una provocazione, perché la vittima non aveva portato rispetto al suo gruppo di amici, tanto che dopo aver sferrato quei cinque pugni, si è allontanato senza correre, non ha guarda una volta indietro la vittima, ha fatto il giro del locale come un fighterche fa il giro del “ring” per raccogliere il riconoscimento della vittoria. Ha chiesto scusa dopo 19 mesi – ha ricordato il pm - e mai direttamente rivolgendosi alle vittime. Ha agito accettando l’eventualità che da quella condotta scaturisse la morte di quel ragazzo per dimostrare la propria affermazione sua all’interno del gruppo e del gruppo stesso nella comunità bitontina”.
Le immagini, secondo l’accusa, “mostrano che Giampalmo colpisce con un atteggiamento che dimostra che gli è indifferente uccidere, usando precise tecniche di combattimento, non pugni a caso”. Cinque pugni, tre ganci sinistri e due diritti destri, fatali. Una “esecuzione chirurgica, fatta con accanimento per abbattere - dice il pm - che non lascia minimo spiraglio alla vittima, la coglie di sorpresa, si avvicina e la colpisce, con aggressività ma lucidità, senza ripensamenti”.
In aula, nell’ultima udienza del processo, ci sono i famigliari della vittima, costituite parti civili, assistite dall’avvocato Rossana Fallacara, e anche i parenti dell’imputato, difeso dagli avvocati Giovanni Capaldi e Nicola Quaranta.
Conclusa la requisitoria della Procura, toccherà nel pomeriggio a parte civile e difesa.