BARI - L’inflazione su base annua è al 9,2% (+0,3% su base mensile), in diminuzione a febbraio rispetto al 10% rilevato a gennaio, soprattutto per effetto del raffreddamento dei prezzi dei beni energetici (gas, energia elettrica e carburanti). Gli esperti ritengono che nel 2023 scenderà ancora, anche per effetto dei continui rialzi dei tassi d’interesse. Il calo non si vede, però, fra i beni alimentari. Anzi, si è in controtendenza, come certificato dall'Istat: prodotti alimentari e per la cura della casa e della persona +13% da +12%, alimentari lavorati da +14,9% a +16,2%, non lavorati da +8% a +8,4%.
La conferma arriva, circoscrivendo al nostro territorio, dall’Istituto pugliese per il consumo, cui sono affiliate le 15 associazioni di consumatori più rilevanti a livello nazionale e regionale. In base alle rilevazioni riguardanti i listini di pesce, olio, pasta, pane, salumeria, formaggi, carne, frutta fresca, legumi, ortaggi e verdure, effettuate nei mercati coperti di Santa Scolastica in via Papa Giovanni XXIII, Madonna del Carmelo in corso Mazzini e dell’ex Manifattura in via Ravanas, e in decine di supermercati della provincia (a Bari Coop di viale Pasteur, Deca, De.co, Dok, Famila, Lidl, tra gli altri), i prezzi sono aumentati nel Barese del 3,1% su base mensile e del 16,2% su base annuale, cioè confrontando i valori di febbraio di quest’anno e dello stesso mese del 2022. Già a gennaio la percentuale di incremento, rispetto a dicembre, era stata del 2,4% (14,7% il dato tendenziale).
MESE - Il mese scorso la Gazzetta aveva consigliato di puntare su una bella dieta a base di ortaggi e verdure («Cucinatevi un minestrone» era il titolo), visto che molti prodotti costavano meno rispetto al periodo precedente. Stavolta i dati sono opposti. Per questa tipologia, che rappresenta (insieme con la frutta) circa il 20% della spesa delle famiglie, si registra il balzo più evidente, precisamente del 18,1%. In molti se ne saranno accorti andando al mercato o dal negozio di frutta e verdura: peperoni, melanzane e pomodori sono ancora adesso quasi intoccabili, superando anche i 4 euro al chilo.
Dal grafico nell’altra pagina è possibile consultare i prezzi medi, così come le differenze emerse a poche settimane di distanza: +79,1% per le melanzane, +66,2% per i cavoli, +64,8% per il sedano, ma notevoli rincari si notano anche per pomodorini (+49,1%), cicorie (+46,5%), broccoli (+43,2%), peperoni (+42,9%) e zucchine (+41,6%), conseguenza della fatidica legge della domanda e dell’offerta (quest’ultima è stata insufficiente a causa di eventi climatici estremi), piuttosto che del fattore energetico (leggi caro carburante e trasporti) o degli aumenti di concimi e fertilizzanti. I disastri avvenuti in Sicilia, con i terreni sott’acqua, gli alberi abbattuti e i danni alle serre, hanno determinato un cambio di scenario che ancora perdura. In alcuni mercati all’ingrosso i prezzi di alcune varietà sono addirittura raddoppiati. E se la frutta acquistata si può conservare nelle celle, la verdura va smaltita subito.