BARI - «Il fenomeno delle baby gang che pure ha una sua rilevanza in altre realtà, ad esempio del Nord Italia, non tocca la città di Bari dove le aggressioni perpetrare da giovani e giovanissimi in gruppo, ha caratteristiche completamente diverse e una gravità contenuta. Siamo difronte ad una devianza originato prevalentemente da situazioni di disagio, personale, familiare o sociale e da una mancata integrazione piuttosto che da legami con la criminalità. Un disagio esistenziale che si esprime con azioni violente, atti di bullismo, di prevaricazione ma non con modalità tipiche di una microcriminalità organizzata». Il questore Giovanni Signer non ha dubbi, le baby gang non appartengono alla devianza giovanile barese.
I dati sui delitti commessi e denunciati confermano la progressiva contrazione del fenomeno criminale ma anche del numero di minori denunciati e arrestati, con punte che riguardano alcuni tipi di reato.
«Abbiamo registrato un incremento comunque contenuto ma significativo degli illeciti consumati dai giovani ma nulla a che fare con il fenomeno delle baby gang. Le aggressioni consumate da ragazzi prepotenti e violenti in branco, vengono molto raccontate sui social, sollevano clamore, provocano la reazione indignata in chi legge e accompagna la lettura con commenti critici. Quello che trovo del tutto incongruente è che queste testimonianze di vittime e testimoni rimangono quasi unicamente nella realtà virtuale»
Quanti vengono in Questura o in Commissariato per formalizzare una denuncia?
«Il numero delle denunce purtroppo è di poco superiore allo zero. Non basta, le vittime ed i testimoni di queste violenze non solo non si rivolgono a noi per descrive l’accaduto, darci elementi sui quali indagare e sottoscrivere un verbale ma il più delle volte non fanno neppure una segnalazione al nostro numero di emergenza, il 113»
Chi sceglie di denunciare può farlo per paura, per sfiducia nel sistema, perché non vuole avere rogne.
«Non bisogna avere paura ed importante affidarsi alle forze dell’ordine. Vorrei che la gente che si dice così spaventata assistesse ai comportamenti e alle reazioni di questi giovani violenti, nei nostri uffici, davanti alle nostre domande. Cambiano completamente condotta. Non denunciare le loro aggressioni vuol dire fare il loro gioco, far credere loro che sono dei veri duri, che possono continuare a seminare paura. Denunciare è importante, vuol dire avere rispetto verso se stessi e dare il proprio fattivo contributo perché gli abusi non si ripetano. Né possiamo pensare ad una specie di Stato di polizia con un gendarme ad ogni angolo di strada. Non avremmo neppure gli uomini sufficienti. I nostri organici sono in sofferenza ma i controlli sono quotidiani e frequenti. La sicurezza, l’ordine sono responsabilità comune, ognuno deve fare la sua parte»
Pochissime denunce ma neppure segnalazioni, tutto sembra accadere solo sui social.
«Viene da pensare con amarezza che i primi a considerare queste violenze poco importanti siano le stesse vittime e assiste, ichi le vede con i propri occhi. Potrebbe sembrare superfluo - spiega il questore - ma in realtà anche solo una telefonata, una segnalazione tempestiva al 113 ci consentirebbe di portarci sul posto e avviare una attività di indagine, di perlustrare la zona, osservare quello che accade. Le posso assicurare che fermare questi ragazzi che vanno spavaldi per la strada, pronti a menar le mani e che disturbano o minacciano è una potente arma di prevenzione».