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Rivolta nel carcere di Bari durante la pandemia: 75 detenuti indagati

 
Isabella Maselli

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Isabella Maselli

Chiuse le indagini sui danneggiamenti del 9 marzo 2020. La sospensione dei colloqui per l’emergenza Covid scatenò le proteste dei reclusi in tutta Italia

Mercoledì 01 Febbraio 2023, 12:54

BARI - «Liberi, liberi, amnistia» urlavano dalle celle in risposta ai familiari che contemporaneamente manifestavano in strada, battendo oggetti contro le grate e lanciando dalle finestre fazzoletti dati alle fiamme, mentre all’interno delle sezioni carcerarie rompevano vetri, mobili e oggetti in legno e in acciaio, distruggevano serrature blindate e videocamere di sorveglianza.

Per la protesta del 9 marzo 2020, data di inizio del lockdown imposto dall’emergenza Covid che limitava i colloqui in carcere tra reclusi e parenti, 75 detenuti all’epoca ristretti nel carcere di Bari rispondono di danneggiamento aggravato e interruzione di pubblico servizio. La pm Larissa Catella ha chiuso le indagini sulla rivolta, ricostruendo ruoli e responsabilità.

Nel medesimo giorno in cui dal carcere di Foggia, per le stesse motivazioni, evadevano decine di detenuti e nei penitenziari di tutta Italia scoppiava la protesta contro il provvedimento del Governo per fronteggiare la diffusione del virus, anche a Bari le celle vibravano.

E ora ne risponderanno in 75, quasi uno su cinque dell’intera popolazione carceraria. Tra loro ci sono volti e nomi noti della criminalità barese, come Domenico Masciopinto, Vito Valerio, Vito e Antonio Raggi, Nicola Faccitondo e Michele Lorusso, solo per citarne alcuni.

E mentre mariti, padri, fratelli e figli all’interno protestavano violentemente, all’esterno della casa circondariale una trentina di donne manifestava con striscioni e megafoni: «Mettetevi le mascherine sulla coscienza» e, ancora, «Domiciliari, indulto e amnistia per tutti i reclusi. Tutti liberi», oppure «Il detenuto è uno di noi. Non lo lasceremo solo». Al rullo del tamburo suonato fuori dalle mura, i detenuti rispondevano a tempo battendo oggetti sulle grate, alle quali alcuni tentavano di arrampicarsi. In alcune celle appiccavano il fuoco a coperte e indumenti. Digos e carabinieri per ore rimasero in presidio all’esterno a contenere la manifestazione di protesta mentre dentro interveniva la Polizia penitenziaria.

L’avviso di conclusione delle indagini preliminari notificato ai 75 detenuti riguarda cinque gruppi di rivoltosi, all’epoca reclusi nella prima e seconda sezione della media sicurezza e nella terza sezione dell’alta sicurezza, 32 dei quali rispondono dei danneggiamenti e tutti della interruzione di pubblico servizio. Ventotto le celle danneggiate. «Rendevano inservibili - si legge in una delle imputazioni - sei vetri satinati antinfortunistica e numerose suppellettili in legno e acciaio delle celle della prima sezione media sicurezza», «danneggiavano le serrature dei blindi delle stanze detentive e alcune videocamere di sorveglianza della seconda sezione media sicurezza» e «danneggiavano le serrature dei blindi delle stanze detentive e alcune videocamere di sorveglianza della seconda sezione media sicurezza». Tutti, inoltre, rispondono di aver «interrotto e turbato la regolarità del servizio pubblico per il quale erano ristretti, in quanto la maggior parte degli agenti di polizia penitenziaria in servizio erano costretti ad impegnarsi per far rientrare la protesta in atto, durata circa tre ore».

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