BARI - Anche il Consiglio di Stato dà torto a Massimo Cassano. La Quarta sezione ha respinto il ricorso urgente dell’ex direttore generale dell’Arpal Puglia, che chiedeva di essere reintegrato nelle funzioni. Identica decisione era stata assunta per due volte dal Tar di Bari. Il Consiglio di Stato ha dunque demolito su tutta la linea le tesi di Cassano. Oltre a esprimere "seri dubbi in ordine alla giurisdizione dell’adito giudice amministrativo" nella questione della "decadenza automatica, ope legis, dalla carica" di direttore generale, ha detto "no" anche alla richiesta di mandare alla Corte costituzionale la legge regionale con cui a novembre Cassano è stato mandato via dall'Arpa: questo perché in ogni caso "al giudice amministrativo non è consentito disapplicare la norma di legge". Non a caso il Consiglio di Stato ha condannato Cassano a pagare 2mila euro di spese al commissario dell'Arpal, Silvia Pellegrini, che nel giudizio si era costituita personalmente.
Azione: «Ora mettere ordine in Agenzia lavoro»
«Dopo il Tar, anche il Consiglio di Stato ha bocciato il ricorso dell’ex dg Arpal sulla decadenza e pure con una parziale condanna alle spese per 2mila euro. Bene, ora si può procedere nel mettere ordine nell’Agenzia, dandogli una struttura di governo all’altezza e indagando accuratamente sulle numerose coincidenze tra assunzioni e appartenenze politiche?». Lo dichiarano i consiglieri regionali di Azione, Fabiano Amati, Sergio Clemente e Ruggiero Mennea. «Ora - aggiungono - speriamo che tutti i costituzionalisti della domenica, ossia i seguaci di questa disciplina per hobbismo, s'acquietino. Speriamo, inoltre, che anche il presidente Emiliano si dimetta, dopo queste parentesi giudiziaria, dalla postazione di opposizione al buon governo e scelga di entrare tra le fila della maggioranza composta dalle persone di buon senso. Ringraziamo innanzitutto l’Avvocatura regionale per la difesa accurata delle ragioni della Regione».