BARI - «Vorrei fosse molto chiaro: è sin dal 2017 che la Regione Puglia ha scelto, di concerto con l’ente autonomo Fiera del Levante, proprietario del quartiere fieristico, e il Comune di Bari, di realizzare il Polo delle Arti e della Cultura, mettendo insieme gli uffici regionali e degli enti partecipati che si occupano di cultura e turismo, come Puglia Promozione e Apulia film commission. Aggiungerei il Teatro Pubblico Pugliese, Assessorato e Dipartimento regionale che hanno attualmente sede in Fiera, Puglia Film House e Cineporto che già c’erano. Tutto questo c’era e ci sarà negli immobili di proprietà dell’ente autonomo Fiera del Levante che non sono destinati ad attività fieristica».
Aldo Patruno, direttore del Dipartimento Turismo e cultura della Regione Puglia, fa chiarezza sui progetti che disegnano il futuro del quartiere fieristico, dopo le polemiche seguite all’audizione in Consiglio regionale. Non cambia la destinazione d’uso della Fiera, non la si finanzierebbe indirettamente, come sospettato dalle opposizioni, ma si profila piuttosto una convivenza tra più usi, tra «cose distinte e separate». Ovvero «gli immobili destinati ad attività fieristica e commerciale sono quelli che la nuova società della Fiera del Levante ha assegnato a tale uso» e resteranno destinati a tale scopo.
Detto altrimenti: «Se abbiamo presente la fontana monumentale, tutto quello che sta sul versante nord è a destinazione commerciale. Tutta la parte sud, dove c’era il centro vaccini o Eataly, sono immobili che l’ente autonomo dà a privati o a enti pubblici per attività di servizi. Il Polo delle Arti, in essere dal 2017, non va in alcun modo ad incidere sui padiglioni fieristici commerciali che sono già assegnati, con specifici contratti, alla newco istituita dall’ente autonomo con Camera di Commercio e Fiere di Bologna».
Patruno spiega inoltre che i padiglioni che la Regione ha preso in locazione per realizzare il Polo Arti, Cultura e Turismo, come il 115 e il 116 su cui sono in corso i lavori, sono «l’unica porzione della Fiera che è soggetta a vincolo da parte del ministero dei Beni culturali per via della facciata monumentale. E proprio per questo abbiamo scelto quegli spazi vincolati perché la nostra missione, come Regione e in particolare come Dipartimento cultura, è valorizzare i beni culturali. E poiché la Fiera del Levante è patrimonio culturale della Puglia, è un bene storico del Mezzogiorno e dell’Italia intera, proprio lì, e nel palazzo anch’esso vincolato che ospita Apulia Film House, abbiamo collocato il Polo. Tra l’altro era la condizione per spendere i fondi europei di cui disponiamo per la valorizzazione del patrimonio culturale».
Insomma, una riprova del fatto che il progetto è una valorizzazione del patrimonio cultuale e non un cambio di destinazione d’uso. «Questa è la priorità. L’obiettivo non è né di foraggiare la Fiera del Levante né di sottrarre spazi alle attività commerciali», dice chiaramente il direttore del Dipartimento regionale. Piuttosto si sta dando corpo a una serie di delibere di indirizzo politico conseguenti alla firma del 2017. «Addirittura - dice Patruno - il progetto sta nel Piano strategico regionale della cultura nell’ambito di azioni di sistema finalizzate a realizzare poli integrati territoriali. Quindi: strategia politica molto chiara e investimenti mirati affinché qualunque cittadino in visita alla Fiera non la trovi nelle condizioni di degrado e desolazione attuale ma capisca, come nei luoghi dove abbiamo iniziato ad intervenire (tra Puglia Film House, Dipartimento, Puglia Promozione o Cineporto), il senso di cosa significa valorizzare un pezzo straordinario del patrimonio storico della nostra regione».
Il progetto del Polo prevede il riutilizzo dei padiglioni 115, 116, 117 e 118, già oggetto di interventi di riqualificazione (dalla rimozione dell’amianto all’adeguamento sismico al rifacimento delle facciate) finanziati attraverso un progetto Interreg Grecia-Italia che ambisce a creare l’hub dell’agricoltura. Per questi lavori è stata però stimata una somma aggiuntiva tra i 3 e 4 milioni di euro per l’apertura al pubblico, oltre ai poco più di 2 milioni già stanziati per le opere in corso. Il padiglione 115 è stato già destinato a un progetto legato alle eccellenze gastronomiche pugliesi. Il padiglione 116, invece, accoglierà il Teatro Pubblico pugliese, comprendendo gli eventi PugliaSounds e Medimex. Il progetto poi ingloberebbe il padiglione 107 che ospita già l’Apulia Film House.
E per chiudere l’ospedale servono 2 mesi e 2 milioni
La disattivazione dell’ospedale della Fiera del Levante richiederà «almeno due mesi». E un esborso economico ancora non quantificato con precisione, ma dell’ordine dei due milioni di euro. Per chiudere la struttura maxi-emergenze, portando via le attrezzature e ripristinando i padiglioni espositivi non basta infatti chiamare una ditta di traslochi: serve una impresa specializzata. E dovrà essere fatta una gara d’appalto.
È questo sostanzialmente il motivo per cui l’ospedale è ancora attivo e per cui, verosimilmente, per avviare le procedure servirà tutto il mese di giugno. La storia è raccontata nella corrispondenza intercorsa nelle ultime due settimane tra l’assessorato alla Salute della Regione, che è subentrato alla Protezione civile, e il Policlinico di Bari che si occupa della gestione della struttura. Lunedì 17 maggio l’assessore Rocco Palese e il capo dipartimento Vito Montanaro hanno scritto al direttore generale del Policlinico, Giovanni Migliore, chiedendo «di avviare la graduale disattivazione dei posti letto». La risposta, arrivata il giorno dopo, è un po’ come mettere la palla in tribuna: «Procederemo certamente ad avviare e concludere, nel rispetto del termine del 31.12.2021 (in realtà 2022, ndr), tutte le attività propedeutiche alla disattivazione dei posti letto».
Il 31 dicembre 2022 è infatti il termine ultimo concesso dalla legge per mantenere in esercizio le strutture provvisorie per il covid. L’8 aprile, nel corso di una burrascosa riunione notturna con il Comune di Bari (proprietario della Fiera del Levante), la Regione ha sostanzialmente annunciato che l’ospedale sarebbe stato chiuso nei tempi tecnici necessari alla disattivazione dell’ospedale. La lettera del 17 è la formalizzazione di quell’impegno. Ma è anche il documento che traccia i passi successivi. Preso atto che nella struttura della Fiera a quel giorno c’erano 36 ricoverati (di cui solo 4 in Terapia intensiva), la Regione ha chiesto al Policlinico di comunicare giornalmente il numero di degenti. E ha specificato «che la disattivazione della citata struttura e, dunque, il conseguente ripristino dei luoghi da un punto di vista strutturale, nonché la disinstallazione dei dispositivi e delle tecnologie ivi presenti, richiederebbero almeno due mesi da parte delle società deputate a tale attività». A questi tempi va aggiunto «quanto richiesto dalla normativa vigente in materia per la definizione ed espletamento delle procedure di gara, ai fini della individuazione della società di settore». Appalto che dovrà essere gestito dal Policlinico: i tecnici dell’azienda sanitaria stanno lavorando per definire il capitolato, e dunque per capire l’esborso necessario. Ma ecco che, tra appalto ed esecuzione, si rischia di arrivare a settembre.
Non bastano dunque i 25 milioni già spesi tra realizzazione dell’ospedale e acquisto delle attrezzature (che valgono più o meno 5 milioni di euro). Tutte le forniture riutilizzabili (dai letti di degenza ai carrelli, ai monitor alle testate letto) verranno trasferite al Policlinico di Bari e agli altri ospedali pubblici. Ma tutte le opere murarie e impiantistiche (le pareti mobili che delimitano le aree di degenza, i cartongessi, i bagni, le porte, gli impianti, il pavimento galleggiante...) devono essere smantellate. E i tre padiglioni della Fiera dovranno poi essere lasciati nelle stesse condizioni in cui sono stati trovati, cioè liberi da persone e cose. L’ente fieristico dovrà poi essere rimborsato dalla Regione per l’uso degli spazi (111mila euro al mese), un’occupazione senza titolo visto che il contratto di affitto non è mai stato sottoscritto. Anche questo elemento è entrato nel mirino della Corte dei conti, che negli scorsi giorni ha chiesto tutta una serie di documenti a Regione e Comune di Bari: comprese le copie delle autorizzazioni, quelle mai richieste e dunque mai rilasciate.