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I contagiati dal Covid sfrattano i pazienti fragili

 
Lettera firmata

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Lettera firmata

I contagiati dal Covid sfrattano i pazienti fragili

La lettera firmata alla «Gazzetta»: smantellato l'ospedale Covid, ora si utilizzano altri spazi per ricoverare i malati, ma non mancano i disagi per i 'pazienti abituali'

Giovedì 03 Settembre 2020, 09:40

BARI - Sono infuriato! Oggi sono al Policlinico, nell’ambulatorio dove solitamente faccio infusioni dei miei farmaci «speciali», ma questa volta essenzialmente per procedere alla rivalutazione del mio mieloma e quindi decidere che nuove cure fare perché questo brutto mostro sembra in ripresa ed il vecchio protocollo non lo reggo più per la sua tossicità. Momento alquanto delicato direi...

Non ho mai smesso di venire qui al Policlinico due volte alla settimana, neppure nei periodi più bui del lockdown. Ma la situazione odierna è molto peggiore rispetto ai mesi scorsi. Il fabbricato consta di due piani oltre il piano terra, che è quello che frequento io, e da stamattina il primo ed il secondo piano sono diventati Covid, vale a dire riservati a ricoverati ordinari vittime del coronavirus. Non è vero che il coronavirus non è pericoloso e che si cura come un’influenza senza problema. Quanto sta succedendo lo dimostra chiaramente.

Questa cosa di oggi non era mai successa prima, ma il reparto malattie infettive non ha più letti disponibili, così la settimana scorsa si sono preso il secondo piano e da oggi anche il primo di quest’altra struttura.

Questo vuol dire che i pazienti delle varie cure specialistiche che si fanno qui, non potranno più essere ricoverate e quindi seguite dai loro soliti specialisti. Eppure qui alla Clinica «Baccelli» è allestito uno dei due centri di tutto il Sud Italia (l’altro è a Napoli) in cui si curano le immunodeficienze primitive e quindi non solo i pazienti oncologici. Voglio dire che in queste stanze, lungo queste scale, in questi ambienti, passano decine di pazienti privi di sistema immunitario, cioè persone fragili. Se uno di noi dovesse incontrare all’improvviso il Covid, non ci sarebbe scampo. Questo ambulatorio vuol dire anche tante altre cose brutte che non voglio raccontare per carità di patria.

Mi chiedo dunque com’è stato possibile smantellare completamente l’ospedale Covid ad Asclepios se dopo pochissimi mesi bisogna andare a rastrellare posti letto per ricoverare i nuovi contagiati. Mi domando se non fosse più logico individuare uno di quegli ospedali dismessi e depotenziati ed allestire in un luogo davvero sicuro e separato un grande unico padiglione Covid. Invece eccoci qui, noi pazienti fragili, a fare i conti con i nostri spazi (spazi pieni di dolore, coraggio, lacrime. speranza) che ci vengono sottratti dalla grande emergenza di questo periodo: il Coronavirus. Che invece c’è, spaventa e continua a mordere, in barba ai negazionisti e ai complottisti.

Il virus è tra noi, e va fronteggiato. I pazienti colpiti dal Covid vanno aiutati, curati e tutelati. Ma alla stessa maniera non è possibile che siano altri pazienti, altre persone malate, a dover cedere il passo, a dover vivere il disagio dello spazio che diminuisce. E non solo di disagio, parlo, piuttosto di futuro. Già, il futuro che quelli come me sentono assai prossimo oppure lontanissimo.

Ma è questo futuro che oggi mi rende furioso. Lotto da cinque anni contro questo maledetto tumore ma non sono mai stato solo perché accanto a me ho avuto degli straordinari professionisti, dei grandi medici che mi hanno seguito passo dopo passo. Il giorno che arrivasse l’ora del mio «ultimo miglio», perdurando questa situazione, dovrei essere ricoverato altrove, non so dove, ma altrove. E negli occhi non potrei guardare i «miei» medici ma altri sconosciuti professionisti. Non lo trovo giusto. Sì, sono arrabbiato.

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