Chiude il Grand Hotel Leon d’Oro. Lo storico albergo di piazza Aldo Moro della famiglia Farace interrompe (per il momento) l’attività. Si parla di una ristrutturazione necessaria sia a causa dei nuovi standard obbligatori per legge delle strutture ricettive sia per ragioni di design e comfort.
Di certo l’hotel, uno dei simboli del Novecento barese, si prepara a chiudere i battenti con l’inevitabile, doloroso corollario dei licenziamenti. Oltre una decina i dipendenti che da alcuni giorni sono tornati a casa. Alcuni di loro già nei mesi scorsi avevano accettato di riorganizzare il proprio rapporto di lavoro per il tramite di un’agenzia interinale, gli altri si sono visti recapitare le lettere di licenziamento all’inizio della settimana. Qualcosa l’avevano certo intuita, ma la possibilità di proseguire l’attività è stata per alcuni mesi un punto interrogativo. Fino al triste esito finale.
Dopo i fasti del passato, negli ultimi anni le 77 camere e le 7 suite dell’edificio di piazza Moro sono spesso occupate da pellegrini e turisti russi nonché da alcuni docenti dell’Università e dai familiari degli studenti fuori sede. Oggi, la massiccia silhouette del Leon d’Oro, al calar della sera, appare tristemente buia, fatta eccezione per l’insegna che continua a rimanere accesa e per qualche stanza ancora in funzione.
La chiusura definitiva è stata motivata dallo stesso proprietario, Pantaleone Farace (giovane figlio di Luigi Farace scomparso lo scorso anno a 84 anni) come propedeutica ai lavori di ristrutturazione. La riapertura al pubblico, tuttavia, non ha ufficialmente una data. E i dipendenti sono stati mandati a casa non senza malumori: del gruppo imprenditoriale fa infatti parte anche l’hotel Excelsior, molti degli ex lavoratori del Leon d’Oro speravano di essere riassorbiti nell’hotel di via Giulio Petroni. Cosa che, evidentemente, non rientra nelle politiche aziendali.
Bari perde un (altro) pezzo della sua storia. Qualcuno grida alla crisi scaturita anche dal proliferare di bed&breakfast (non tutti in regola, com’è noto). Certo in una città che va consolidando la sua vocazione turistica, la chiusura seppur temporanea di questo albergo suona come una sconfitta sociale ed economica.