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Bari, imprenditore perde tutto: oggi la sua casa è l'auto in cui dorme

 
Ninni Perchiazzi (foto Luca Turi)

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Ninni Perchiazzi (foto Luca Turi)

Bari, imprenditore perde tutto: oggi la sua casa è l'auto in cui dorme

La storia di un imprenditore edile che da dieci anni dorme nell'auto, tra scotch ai finestrini e ombrelli per difendersi dal sole: chiede un alloggio al Comune

Martedì 29 Ottobre 2019, 09:12

«Sì, prima abitavo in una Stylo, vecchia, certo. Poi mi presi una Punto, di seconda mano. Però i vigili me la sequestrarono per... sì, ero senza patente ma lo potevano chiudere un occhio, perché lo sapevano benissimo che ci abitavo, nella Punto. Ora un amico mi ha dato la sua Golf. No, non cammina. Ho messo lo scotch ai finestrini. L’inverno scorso l’ho passato, quest’anno... speriamo». D’altronde il domicilio del signor Davide è proprio lì, in viale delle Regioni, al San Paolo, in quel pezzo di strada dove è in sosta (perenne) la Golf. Ha 66 anni e dorme in macchina da 10: se ne andò da casa della suocera dopo un litigio con la cognata e con le altre donne di casa, tra cui sua moglie. «Ma con lei sto in buoni rapporti - spiega Davide - Mi ha anche detto che se trovo un alloggio decoroso, una stanza, una cucina, un bagno, torna a vivere con me». Speranze.
Ma la vita, per quest’uomo, non è sempre stata a testa in giù.

Fino al 2000 la sua piccola impresa edile funzionava abbastanza bene. Poi, complici l’avvento dell’euro e una pressione fiscale e burocratica sempre più asfissiante, Davide ha chiuso l’azienda. Poi sono arrivati i protesti, i sequestri, i debiti... i tentati suicidi, gli atti di forza, le minacce. «Per anni ho continuato a fare piccoli lavori di muratura, pitturazione... Mi chiamavano e io andavo. Pochi soldi e tutto in nero». Si sa... Ma a 66 anni e col peso di una vita che si è fatta di anno in anno più in salita, Davide ha lasciato perdere. Alla fine dello scorso anno è andato in un Caf e ha fatto la pratica per il reddito di cittadinanza che ovviamente gli è stato concesso (se non lo dai a un uomo con questa vicenda, a chi dovresti darlo?). «Non sono molti soldi al mese, un po’ li do a mia moglie...». Con questi chiari di luna, l’unico ricovero per la notte rimanda la Golf parcheggiata in viale delle Regioni. Ma Davide non si arrende. È tornato a bussare alla porta degli assistenti sociali (che bene e da anni conoscono la sua storia) che gli hanno promesso un appuntamento con l’assessore Lacoppola.

«Io vorrei solo un alloggio popolare, non chiedo altro. Una casa anche piccola, in periferia, ovunque - spiega alla Gazzetta - Con i soldi del reddito di cittadinanza io e mia moglie ce la possiamo fare, non abbiamo tutte queste spese, ma una casa in affitto non possiamo permettercela: ti chiedono 3/400 euro per una topaia senza servizi, mettici le bollette... che devi fare?».
Uno dei tanti disperati che bussa alle porte di Palazzo di città nel tentativo disperato di un aiuto. L’incontro con l’assessore Lacoppola è stato fissato per il prossimo 14 novembre. Storia a lieto fine? Vedremo. Ma di vicende del genere ce ne sono a migliaia nelle pieghe urbane di una città sempre più affollata di persone in difficoltà. E purtroppo in questo stato di bisogno spesso si infilano le organizzazioni criminali, che - come confermano anche le ultime inchieste della magistratura - gestiscono il ricchissimo sottobosco degli alloggi popolari di proprietà pubblica.

NUOVO PIANO A CACCIA DEGLI ULTIMI - Quasi settemila richieste di aiuto in tutto il 2018 (circa un terzo in più rispetto all’anno precedente), più di cento servizi attivati in nome degli ultimi, dei poveri, dei più bisognosi, tra persone anziane e con disabilità ed emarginati della società del benessere, come chi ha perso il lavoro, non ha più una famiglia o non possiede un tetto sotto il quale ripararsi. Un esercito - spesso abbandonato al proprio destino anche dai primi avamposti di auto aiuto ovvero le famiglie -, le cui fila vengono ingrossate da stranieri e da tanti italiani, a volte insospettabili, magari appartenenti a quella middle class sempre più minata e messa sotto attacco dagli effetti della crisi infinita che ancora non smette di riverberare i suoi deleteri effetti sulla società.
Sono solo alcune voci degli oltre 52 milioni (30 provenienti dal civico bilancio) destinati alla programmazione del Welfare comunale. Si tratta della sommatoria degli interventi del Piano sociale di zona, il cui obiettivo è far fronte alle tante emergenze che ancora attanagliano la città e il suo popolo nemmeno tanto sommerso di disperati, una rete rinforzata dai buoni principi dell’aiuto e della solidarietà, dalle cui maglie però a volte sfuggono casi clamorosi di indigenza e abbandono sociale, come raccontiamo nell’altro articolo in pagina.


bilancio 2018 Ieri, la riunione della cabina di regia istituzionale convocata dall’Ufficio di piano dell’assessorato al Welfare per verificare lo stato di attuazione del Piano sociale di zona 2017-20 dell’ambito territoriale barese ha fornito anche altri dati, partendo dal bilancio di mid term del lavoro e dei servizi erogati lo scorso anno, non senza misurare il coinvolgimento dei cittadini assistiti dal sistema del welfare comunale, in rete con gli altri soggetti del territorio, tra cui Asl, sindacati, Confcooperative, Lega Cooperative e l’immancabile e impagabile macchina del volontariato capace di supportare (se non sostituire) piani e strutture delle istituzioni.

Il già citato centinaio di servizi del welfare in favore dei cittadini baresi, con un focus specifico sulle persone che versano in condizioni di fragilità sociale e sanitaria, è caratterizzato dal trend in crescita per quei presidi che riguardano le persone anziane e con disabilità: in 756 hanno usufruito di servizi domiciliari, mentre l’affido garantisce l’assistenza a casa per 75 anziani e 26 pazienti con disabilità (anche con patologie psichiatriche) -, con il servizio di trasporto sociale e socio sanitario che interessa circa 600 utenti. Tendenza in aumento anche per gli interventi ed il contrasto alle povertà estreme e all’emergenza per la casa: più di mille persone sono state accolte nelle Case di comunità (per famiglie e adulti sfrattate o prive di un tetto), in 140 hanno trovato riparo nella Casa delle Culture, al San Paolo e oltre quattrocento hanno avuto ricovero notturno nella struttura Sole Luna e nel centro Andromeda. Hanno avuto il loro bel da fare anche il Pis (Pronto intervento sociale) e le Unità di strada territoriali, con quasi 2.300 situazioni di marginalità trattate frutto anche di segnalazioni di cittadini e istituzioni.

Segno più anche per i servizi a tutela di infanzia e adolescenza, attraverso i centri di ascolto per le famiglie - che hanno fatto registrare un incremento di circa 800 cittadini -, e per l’affido minori, tra cui rientrano il progetto «Famiglie senza confini» per minori stranieri non accompagnati e il progetto «Pippi», che ha l’obiettivo di prevenire l’istituzionalizzazione di minori. Infine, grazie all’accordo col Tribunale dei Minori, l’assessorato al Welfare ha avviato la prima sperimentazione del Pim (Pronto intervento minori), in aggiunta all’esperienza degli educatori di strada e dei centri polivalenti per la prevenzione alla devianza.

Oggi poi, è prevista la presentazione del progetto «Upe» (Unità operativa di contrasto alla povertà estrema), promosso sempre dall’assessorato al Welfare, con l’obiettivo di prendersi in carico di persone in difficoltà, attivando misure di accompagnamento adeguate e personalizzate. L’iniziativa rientra nell’ambito dei nuovi servizi del Welfare ed è finalizzato ad ampliare gli interventi di emergenza a contrasto del rischio di grave emarginazione.

«Si tratta del risultato di un lungo lavoro», commenta l’assessore al Welfare, Francesca Bottalico nel ringraziare «tutti coloro che hanno contribuito a progettare la programmazione sociale, che in questi anni ci sta permettendo di rispondere ai bisogni dei cittadini in una città e in un sistema sociale dove le istanze crescono, cambiano e sono sempre più complesse». «In questi anni, nonostante i tagli subiti dal sistema di welfare, siamo riusciti ad ampliare e consolidare i servizi esistenti migliorando i livelli qualitativi dell’offerta a partire dall’ascolto del territorio, raggiungendo un numero di persone sempre maggiore, anche tra fasce di popolazione che non si erano mai rivolte ai servizi sociali - aggiunge -. Inoltre abbiamo messo in campo politiche, modelli e strumenti innovativi e sperimentali attraverso servizi di prossimità anche “on the road”, servizi polifunzionali aperti a tutti e tutte, capaci di accogliere molteplici aspetti del bisogno, di lavorare sulla dimensione sociale ma anche culturale per realizzare una presa in carico degli utenti integrata, individuale e collettiva».

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