BARI - La politica è cinema. E coincidenze. Venerdì 17 maggio, i vecchi compagni della Federazione giovanile del Partito comunista italiano, Nicola Zingaretti e Nichi Vendola, si ritrovano a Bari. Per due incontri diversi, in due sale cinematografiche attigue, distanti solo alcune centinaia di metri. E già in questo c’è un richiamo a tutta la storia della sinistra, delle passioni e delle visioni che arrivano intatte dal Novecento.
Zingaretti, neosegretario del Pd, sarà all’ex Cinema Royal (ora AncheCinema), per presentare il capolista alle Europee, il magistrato Franco Roberti, con Michele Emiliano e tutta la classe dirigente dem. Vendola, icona della sinistra alternativa e mentore del progetto “La Sinistra” che riunisce Si, Rifondazione e associazioni, parlerà dal palco del cinema Galleria, con al fianco i candidati Paola Natalicchio e Sandro Fucito. I due compagni si ritrovano così vicini e allo stesso tempo divisi nel capoluogo pugliese, ma l’imbarazzo sarà tutto di chi - con il cuore che batte a sinistra - dovrà scegliere dove andare, non potendo replicare la forsennata ubiquità di Pippo Franco al derby di Roma, ne Il tifoso, l’arbitro e il calciatore (l’ex vendoliana Laura Boldrini, invece, a livello nazionale ha scelto di accomodarsi al Nazareno…).
Marciano divisi, dunque, Nicola e Nichi, per colpire uniti il populismo, e dare un segnale di riscossa proprio in Puglia, dove il messaggio identitario di Matteo Salvini ha messo radici e registra costanti avanzamenti nelle istituzioni e soprattutto nel tessuto sociale.
Nicola e Nichi, però, sono stati protagonisti di rilievo del fulgore romano della sinistra giovanile comunista (Vendola fu candidato alle politiche del 1987 in quota Fgci, ma non fu eletto). Quella generazione visse la Bolognina e il superamento della storia del Pci, con la svolta di Occhetto e la Rifondazione conseguente di Armando Cossutta, Ersilia Salvato, Lucio Libertini e Sergio Garavini. Nella Capitale si dipanò la storia di un movimento giovanile che sarebbe adesso indecifrabile agli occhi di un ventenne. Nella stagione dei paninari e del Commodore 64, come ha ricordato in un mirabile articolo Luca Telese, «Zingaro» fronteggiava con le armi della politica e una creatività irripetibile la rivalità con gli autonomi di Via dei Volsci. Il responsabile culturale del tempo nella Fgci era Nichi Vendola. Zingaretti era il teorico di una organizzazione capillare della struttura, aveva un rapporto costante con gli iscritti, Vendola era il seduttore immaginifico, con le metafore e la già raffinata narrazione progressista. Zingaretti fu il teorico delle prime liste aperte progressiste all’Università di Roma, con la formula «Di-a-da sinistra» che superava la tradizionale stella rossa, con l’obiettivo di arginare il centrodestra del tempo che vedeva insieme alla Sapienza i camerati di Fare Fronte, con la regia di Gianni Alemanno e del Fronte romano, e Comunione e Liberazione. Vendola consigliava buone letture «corsare» agli iscritti e metteva in imbarazzo l’ortodossia manifestando a Mosca per i diritti degli omosessuali.
Nicola e Nichi (ma con loro c’erano anche Franco Giordano che aveva una casa con Vendola, Stefania Pezzopane o il giovane militante Diego Bianchi in arte Zoro) furono testimoni di una metamorfosi della sinistra, che iniziava a guardare all’arcipelago dei diritti, agli immigrati (Zingaretti ebbe l’intuizione di inventare una sorta di dipartimento «Nero e non solo» dopo un soggiorno nella multietnica Parigi).
Adesso Nicola e Nichi sono alle prese con discussioni ben differenti del posizionamento della Fgci sul Nicaragua e cercano di «dare un senso» alla sinistra sfrattata dai suoi inserimenti tradizionali dal «laburismo populista» di Salvini, ormai idolo incontrastato di masse di iscritti Cgil dopo l’approvazione di Quota 100. Dovranno, in conclusione, trovare la quadra per costruire una alternativa al governo giallo-verde e in questa direzione, come suggeriscono i compagni baresi di Piazza Grande, Nicola e Nichi, con il governatore pugliese Michele Emiliano, cercano di tracciare una nuova linea in un «campo largo progressista» nel quale ci sono anche ex berlusconiani, l’assessore regionale Leo Di Gioia che vota alle Europee la Lega, e le sirene di una intesa con i grillini.