BARI - L'ambulatorio di riabilitazione di Carbonara chiuderà. La conferma è arrivata direttamente dalla direzione generale dell'Asl Bari e ed è stata ribadita con una comunicazione inviata al Cimo (Coordinamento Italiano Medici Ospedalieri, uno dei sindacati della categoria) dopo una richiesta di delucidazioni da parte del sindacato dei medici ospedalieri. La decisione «rientra in un più ampio progetto di riorganizzazione del servizio di riabilitazione del Distretto sociosanitario di Bari che ha previsto la concentrazione del personale in tre sedi (con la conseguente cessazione dell'attività presso l'ospedale Di Venere), al fine di poter assicurare il massimo orario di apertura per ciascuna di esse». Nella missiva non è specificato, ma le tre sedi a cui si fa riferimento sono quelle di Japigia, in via Quasimodo, dove dovrà recarsi anche l'utenza che attualmente si riversa al Di Venere (il Distretto di Bari, ex 6, 7 e 8, comprende Carbonara, Ceglie, Loseto, Murat, Picone, Poggiofranco e San Nicola), quella di Santo Spirito (vicino alla stazione dei Carabinieri) e quella dell'ex Cto. Ne consegue che a farne le spese sarà anche l'ambulatorio di riabilitazione del San Paolo di via Monti (alla spalle del Giudice di pace), a meno di sempre possibili passi indietro.
La sollevazione popolare In attesa di altre probabili agitazioni, lo stop al cambiamento è richiesto a gran voce a Carbonara non solo dal sindacato, ma anche da un comitato spontaneo di cittadini: in 750 hanno firmato una petizione «contro la chiusura dell'ambulatorio di riabilitazione e lo spostamento del medico fisiatra», sebbene la Asl precisi che «il trasferimento del dottor Giovanni De Nicolò (il fisiatra a cui si fa appunto riferimento, ndr) non vuole essere penalizzante nei confronti del suo ruolo sindacale» e che non ci saranno ripercussioni per la copertura delle esigenze dei pazienti ricoverati presso l'ospedale Di Venere in quanto «restando assegnato al suddetto nosocomio il personale tecnico della Riabilitazione, sarà individuato un dirigente medico specialista per operare in quella sede in regime di consulenza che potrebbe essere lo stesso De Nicolò se manifestasse la sua disponibilità, concordando i suoi accessi con la direzione del Distretto e la Direzione medica del presidio ospedaliero».
Il disagio Disponibilità a parte, secondo la Cimo (e il comitato), la questione non riguarda la posizione di un singolo medico, ma il disagio che ne avrebbero i pazienti attualmente in cura al Centro di riabilitazione di Carbonara, funzionante dagli inizi del 2000 solo per disabili gravi e cronici e poi, dal 2006, aperto anche alle visite e alle riabilitazioni prenotabili attraverso il Cup della Asl Bari. «Prima c'erano un medico fisiatra, una dozzina di terapisti, un'infermiera, quattro ausiliari e un amministrativo – spiega Onofrio Giancola, coordinatore provinciale Cimo -. Ora, dopo i pensionamenti senza ricambio, ci sono sempre lo stesso dirigente medico, una infermiera, tre terapiste, di cui una domiciliare, e un ausiliario per la pulizia. Nonostante la riduzione di organico, si riescono a gestire 10-12 accessi al giorno con una richiesta consistente (le attese sono fino a 30 giorni per una visita ambulatoriale e dai due ai tre mesi per il trattamento riabilitativo cronico, ndr)».
L’ampio bacino d’utenza Il fatturato dell'ambulatorio si aggirerebbe sui 350mila euro all'anno. Poi, appunto, si aggiunge il servizio fornito ai reparti dell'ospedale, che la Asl vuole mantenere. «Circa l'ambulatorio, ci sarebbe sicuramente un disagio per i circa 300 cittadini che ogni mese accedono direttamente, provenienti non solo da Carbonara, ma anche da Adelfia, Valenzano, Triggiano, Capurso, Casamassima. In ospedale, poi, dove ci sono quattro terapisti, il supporto del fisiatra è richiesto praticamente ovunque: da Rianimazione a Otorino, da Ortopedia a Neurochirurgia, da Chirurgia vascolare a Neonatologia. Tra l'altro, la certificazione dello specialista con le indicazioni terapeutiche è essenziale per poter accedere ad altre strutture».