BARI - Il primo messaggio arriva intorno alle 6 del mattino. L’ultimo a mezzanotte. In media una cinquantina al giorno, ma si possono sfiorare i cento. Impossibile non inserire la modalità «silenzioso». Qui, 247 avvocati baresi si scambiano consigli e suggerimenti. Si danno una mano, soprattutto. Del resto, la chat ha un nome che non lascia spazio a equivoci: «Aiutiamoci». Creata prima che scoppiasse l’emergenza edilizia giudiziaria, dopo che le udienze si sono celebrate sotto le tende e con il successivo frazionamento in 7 sedi giudiziarie, l’«app» è diventata di grande aiuto per chi esercita la professione nel settore penale. Dai rinvii alla disponibilità per una sostituzione in udienza, tutto corre sullo smartphone.
«Dei colleghi iscritti sin dalla prima ora mi avevano suggerito di cambiare il nome, perché qualcuno avrebbe potuto interpretare “Aiutiamoci” come una poco dignitosa implorazione di fronte a una Giustizia senza casa. Credo invece che renda bene l’idea dello spirito solidale che ispira il gruppo». Parola dell’avvocato Vitantonio Pollaccia, 53 anni, creatore della chat su Whatsapp. «In realtà ce ne sono due... - si lascia sfuggire il legale -, l’altra si chiama “Radio avvocati” ed è un po’ più leggera...». La foto del profilo è quella che immortala lo striscione esposto lo scorso giugno nell’aula magna della corte d’Appello dall’Associazione forense dell’Isola di Ischia, in rappresentanza dei 400 avvocati isolani nel corso di una delle tante manifestazioni di solidarietà e infuocate assemblee.
«Dividersi tra le diverse sedi degli uffici giudiziari è molto complicato - premette l’avv. Pollaccia -. Un ritardo in udienza è fisiologico. Qualche magistrato è comprensivo, qualcun altro no o più semplicemente non può permettersi di esserlo con ruoli intasati di procedimenti, sempre lì dove le udienze si svolgono ancora. Così, anziché chiamare qualche collega nella speranza che, per esempio, anche lui abbia udienza davanti al Giudice di Pace dove stiamo arrivando oltre l’orario fissato perché ancora impegnati al Tribunale per i Minorenni, scriviamo in chat. Insomma, chi è disponibile, soccorre il collega in difficoltà».
Un sistema che funziona se lo zoccolo duro composto da pochi avvocati si è allargato sino a sfiorare i 250 professionisti. «Qualcuno è entrato in punta di piedi con molto scetticismo, specie le donne. Poi, invece, soprattutto loro, mi hanno incoraggiato: “Vitantonio, sei stato geniale”».
Chi ne fa parte? Sui nomi, il legale che da buon avvocato certo non ha alcuna intenzione di violare la privacy, mantiene il massimo riserbo. «Ci sono professionisti affermati e giovani legali», si limita a dire dei colleghi di cui lui è «amministratore». A proposito, è difficile mantenere l’ordine con così tante persone? «Assolutamente no - spiega l’avv. Pollaccia -. Sono tutti molto disciplinati. Poche battute per sdrammatizzare una situazione difficile. È stato divertente quest’estate quando dei colleghi hanno postato fotografie dei Tribunali delle città in cui sono stati in vacanza. Persino, non è uno scherzo, Bogotà». In Colombia c’è un Tribunale, a Bari no. «Mi sono piaciuti alcuni commenti dei più giovani - spiega l’avv. Pollaccia -. “La chat ha reso concreto il principio di colleganza che abbiamo studiato sul codice deontologico”, dicono». Tra i messaggi, ovviamente, anche amari sfoghi del tipo: «È davvero difficile svolgere la professione qui, forse meglio andare altrove».
Che cosa si dice in chat, una volta iniziato il conto alla rovescia per trasferire gli uffici nel Palazzo ex Telecom? «Stiamo tirando un sospiro di sollievo, certo, ma gli avvocati hanno bisogno di una sede unica e definitiva. Basta con la precarietà. La perdita economica che ognuno di noi sta avendo è importante. Occorre voltare pagina». Per dirla in un tweet.