BARI - Giustizia penale in parte sospesa, per legge. Accade a Bari dove l’atteso decreto del Consiglio dei Ministri anziché dichiarare lo stato di emergenza, come chiesto da tutti - avvocati, magistrati, personale amministrativo e Comune - ha stabilito la sospensione dei termini processuali e di prescrizione per quasi tutti i procedimenti in corso, in attesa di soluzioni definitive che al momento non sono all’orizzonte. Il decreto non mette d’accordo nessuno, dai magistrati che lo considerano «incompleto» agli avvocati che ipotizzano profili di incostituzionalità, riservandosi di impugnarlo.
Sarà in vigore appena pubblicato in Gazzetta Ufficiale e consentirà di smantellare subito la tendopoli allestita per le udienze di rinvio dinanzi al Palagiustizia di via Nazariantz, dichiarato inagibile e prossimo allo sgombero totale. Togliere le tende come «togliere i cerotti perché il malato sembri guarito», ha commentato l’Unione delle Camere Penali. I penalisti hanno attaccato il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, parlando di «incauto interventismo» e di «rimedio irragionevole (con riferimento ai contenuti del decreto, ndr), quando le cause del disastro siano da attribuirsi all’incuria, ai ritardi, alle colpevoli omissioni di un Ministero».
In una nota l’Anm di Bari, parlando di «prospettiva caratterizzata da totale incertezza», tra rischio di turnazione dei dipendenti e «inadeguatezza delle sedi proposte per il trasferimento immediato» (via Brigata Regina e l’ex Tribunale di Modugno), conferma lo stato di agitazione permanente dei magistrati. Per discutere di questo e delle criticità che riguardano tanti Tribunali in Italia, domani si terrà proprio a Bari una riunione straordinaria del Comitato direttivo centrale dell’Anm. Commentando i contenuti del decreto legge, il presidente Francesco Minisci ha parlato di «provvedimento incompleto», chiedendo al ministro di integrarlo con il reperimento di un’unica sede. «Non saremo soddisfatti - ha detto - di soluzioni spezzettate».
E’ chiaro che in una situazione surreale come quella barese, a pagarne le spese saranno soprattutto gli avvocati, che rischiano di non lavorare per molti mesi, e i cittadini protagonisti di quei processi, come vittime o imputati, che dovranno aspettare un tempo al momento indefinito per avere giustizia. Su quest’ultimo aspetto non è escluso che il decreto, ritenuto incostituzionale dagli avvocati, venga impugnato. Non solo. La bozza di decreto in possesso degli operatori della giustizia barese stabilisce che i processi con imputati in custodia cautelare dovranno continuarsi a celebrare in altre sedi. Non sembrano inclusi però i procedimenti a carico di imputati sottoposti a misure cautelari non detentive, come per esempio il divieto di avvicinamento spesso imposto a stalker o familiari violenti. Per loro, e per le loro vittime, la giustizia si fermerà per alcuni mesi e i termini di quelle misure cautelari potrebbero scadere.
MILLE NOTIFICHE AL GIORNO - Intanto, per ogni giornata di giustizia penale sospesa, le cancellerie del Tribunale di Bari dovranno predisporre almeno mille notifiche. È il calcolo approssimativo fatto dagli addetti ai lavori, avvocati e magistrati, commentando le conseguenze concrete che avrà il decreto legge adottato ieri dal Consiglio dei Ministri per sospendere i processi penali fino al 30 settembre e smantellare la tendopoli.
Calcolando, infatti, che ogni giorno si celebrano circa 200 processi con mediamente cinque parti da convocare (tra imputati, avvocati, parti offese e testimoni), le cancellerie dovranno predisporre circa 5mila notifiche a settimana per comunicare agli interessati le nuove date di udienza. C'è poi la questione delle misure cautelari. I processi con detenuti continueranno a celebrarsi normalmente ma «la bozza di decreto - spiega Rossella Calia Di Pinto, giudice barese e componente della Giunta distrettuale dell’Anm - parla solo di custodia cautelare. Dovrebbero essere sospesi tutti i processi nei confronti di coloro che sono sottoposti a misure non custodiali, come il divieto di avvicinamento, per esempio gli stalker o gli imputati per maltrattamenti e minacce, che rischiano di scadere. Una conseguenza devastante per le parti lese di quei reati».
















