GIANLUIGI DE VITO
L’annuncio della visita di Bergoglio a Bari il 7 luglio viene diffuso il giorno prima del compleanno di Francesco Cacucci. Una coincidenza che segna la scena e che apre a curiosità e punti di domanda per la successione alla guida dell’Arcidiocesi.
Oggi l’Arcivescovo festeggia 75 anni e una serie di traguardi nei 19 anni di episcopato. Il suo ingresso alla guida dell’Arcidiocesi di Bari-Bitonto porta la data dell’8 settembre del 1999 ed è passato alla storia come il ritorno di un barese Vescovo di Bari dopo 600 anni. Due i papi a Bari nei 19 anni di Cacucci: Ratzinger il 29 maggio 2005 e Bergoglio il 7 luglio prossimo, appunto. Sarà ancora lui a capo del gregge, nonostante i raggiunti limiti di età.
A 75 anni, ogni vescovo è invitato a presentare la rinuncia all’ufficio, come recita il canone 401 del Codice di Diritto canonico. Ma come ogni regola ha le sue eccezioni. E l’eccezione consolidata vuole che scatti di solito una proroga «donec aliter provideatur» («fino a quando non si provveda diversamente»). Di mesi, o di anni nel caso dei cardinali. Cacucci ha già presentato la rinuncia. Quasi in risposta, il Vaticano gli ha tributato l’ufficialità della presenza di papa Francesco nella Basilica di San Nicola. Un appuntamento non da poco nei rapporti Chiesa cattolica e Medio Oriente.
Non è stato ancora precisato se ci saranno invitati di altre religioni, ebrei e musulmani in testa. Se così sarà, allora il 7 luglio entrerà nella storia come giorno cruciale non solo nelle relazioni ecumeniche (tra Chiese cristiane), ma come tappa interreligiosa di un dialogo essenziale, dati i venti di guerra mai sopiti in Medio Oriente, a cominciare dalla Siria che risente di forti interconnessioni con la Russia di fede ortodossa. Comunque andrà, a Cacucci tocca un posto di primo piano nell’allestire un incontro ecumenico e una scena diplomatica in una città che nella sua vocazione di porta d’Oriente assume il ruolo di cerniera religiosa per una mediazione che apra un processo di riconciliazione.
Si esclude che sia il 7 luglio la possibile data dell’abbraccio storico di papa Bergoglio con il patriarca di Mosca Kirill. I due si sono già visti privatamente a Cuba nel 2016. Incontrarsi in Italia è tutta un’altra storia e ha pesi e conseguenze diverse. Ma non è azzardato pensare che l’abbraccio sia vicino. E questo grazie anche alla tela ecumenica tessuta di recente, pure in Russia, proprio da Cacucci, teologo riconosciuto e uomo di cultura (oltre alle indiscusse competenze cinematografiche, ha una laurea in Scienze politiche all’Università di Bari).
Ma negli ambienti della Diocesi c’è chi sostiene che non sarà Cacucci a gestire il «dopo 7 luglio». Nessuno ha elementi certi dai quali partire. Ma le «anime» diocesane sembrano sostanzialmente dividersi in due recinti. C’è chi sulla base di una decisione vaticana non ancora presa, sostiene che l’Arcivescovo possa ottenere una proroga. Lunga. Proprio per aggiungere tasselli importanti nel ponte verso Kirill. Un anno? Non accontenterebbe del tutto Cacucci. Due anni? Non è un cardinale, anche se la nostra è un’Arcidiocesi in una città ora metropolitana. E non è fantareligione ritenere che nei prossimi anni Bari possa diventare sede cardinalizia.
Sta di fatto che Cacucci ha anticipato a giugno un evento che di solito cade a dicembre: l’ordinazione dei Diaconi. Ed è un fatto che spinge l’altro fronte delle anime in attesa al toto-vescovo. Un fronte alimentato dalla convinzione che esista già un «profilo» per la successione: non troppo avanti negli anni, interprete di «una Chiesa in uscita» che faccia entrare gente e faccia uscire il Vangelo. Un vescovo che coltivi «la santità della porta accanto» cercata nella vita ordinaria. Dei nomi che circolano, non tutti hanno il requisito anagrafico. Il carbonarese vescovo di Taranto, Filippo Santoro, ha 70 anni; il segretario della Cei, Nunzio Galantino, cerignolano e bergogliano di ferro, pure; il sannicandrese Vito Angiuli, vescovo di Ugento ne ha 66; il bitontino Francesco Savino, ora vescovo a Cassano allo Jonio, ne ha 64. Come nel conclave, anche nei vescovadi può succedere che chi entra papa esca cardinale.