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Il Quirinale val bene la mossa dei sovranisti

 
Leonardo Petrocelli

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Leonardo Petrocelli

Il Quirinale val bene la mossa dei sovranisti

Il primo dato politico è che, almeno stando ai numeri, il sovranismo italiano scoppia di salute grazie anche alla tenaglia (involontaria?) in cui ha stretto le forze moderate e progressiste

Martedì 18 Maggio 2021, 14:41

Si prepara a governare l’Italia, Giorgia Meloni. L’ha detto lei stessa, forte dei sondaggi che la danno lanciata - oltre Pd e M5S - all’inseguimento di una Lega da tempo in odor di flessione elettorale.
Il primo dato politico è che, almeno stando ai numeri, il sovranismo italiano scoppia di salute grazie anche alla tenaglia (involontaria?) in cui ha stretto le forze moderate e progressiste: il Carroccio «dentro» a rappresentare nella maggioranza la foga aperturista dei ceti produttivi settentrionali. Fratelli d’Italia fuori, da monopolista dell’opposizione. Si sovrappongono voci e contenuti, a volte, ma non i ruoli e così l’uno perde poco e l’altra cresce tanto. Ma tutti e due sperano in una sola cosa: il voto anticipato.
Quasi un’ovvietà per la Meloni che nulla deve all’esecutivo Draghi verso il quale non ha responsabilità né debiti. Diverso il discorso per Matteo Salvini che nel Governo c’è stato dal primo momento e che continua a difendere la propria strategia «entrista» nonché ad accarezzare (politicamente) il premier Mario Draghi, concedendosi licenze polemico-poetiche solo verso gli avversari storici. Che, poi, sono tutti gli altri.

E allora ecco la domanda delle domande: come fare a tornare al voto senza strappare con l’ex governatore Bce? Cosa che, oltretutto, non sortirebbe alcun effetto poiché i numeri leghisti non sono determinanti per la tenuta del governo. Di uscire non se ne parla, di convincere gli altri a strappare nemmeno. Dunque, Salvini ha in mano una sola carta: accompagnare il presidente del Consiglio, e pure con tutti gli onori, verso la meta aurea del suo pur breve percorso politico, il Quirinale. La data da cerchiare sul calendario è il febbraio del 2022, ma se potesse, Salvini lo farebbe domani mattina. È l’unico modo per ottenere il risultato sperato senza attendere la scadenza naturale del 2023. A quel punto si tratterebbe di capire solo chi fra lui e la Meloni - in tandem elettorale pressoché autosufficienti - potrebbe guidare il centrodestra nella battaglia campale. Anche qui al Matteo leghista conviene stringere i tempi per presentarsi all’appuntamento con percentuali superiori alla concorrenza interna, in ossequio a quella regola aurea del centrodestra per cui chi ha più voti guida il cocchio e gli altri si accomodano dietro. Se Forza Italia seguirà i due o si ritaglierà uno spazio più centrista lo si vedrà in seguito soprattutto con l’evolvere della complessa partita locale cui i destini nazionali sono sempre collegati («governiamo insieme in Regioni e Comuni importanti, non possiamo rompere l’alleanza», è il refrain che circola implacabilmente in tempi di strappi).

Dall’altra parte, cioè nell’area progressista, la speranza è esattamente quella opposta e cioè tenere in vita il governo Draghi il più a lungo possibile proprio per impedire ai sovranisti di tentare l’assalto elettorale. Il piano potrebbe non essere così difficile da indovinare: convincere Sergio Mattarella a «tirare» per un anno oltre il settennato, cioè fino alla scadenza naturale della legislatura, permettendo al premier di rimanere al proprio posto. Come giustificare la proroga? Gettando sul tavolo verde del dibattito l’asso delle riforme da mettere in cassaforte - con mano autorevole e amica (di Bruxelles) - nei tempi stabiliti. Ragioni di quasi «emergenza» nazionale, quindi, che motiverebbero a priori l’irrituale proroga per poi lanciare Draghi al Quirinale nel 2023, sperando che nel frattempo i sovranisti si siano sgonfiati e che tutti i guai interni a Partito democratico e Movimento 5 Stelle si siano in qualche modo risolti. Insomma, una sorta di «semestre bianco permanente» per evitare di far saltare il tappo.
Chi pensa che la politica dorma beata sotto la coperta del Covid si sbaglia di grosso. La madre di tutte le battaglie è appena ai suoi esordi.

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