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Enrica Simonetti
19 Gennaio 2021
E ieri, nel Blue monday, nel giorno che sembra sia il più triste dell'anno (bah, di questi tempi, tutto il calendario è un noir!), abbiamo avuto anche la notizia di una «bocciatura» Puglia.
Né Bari né Taranto con la Grecìa Salentina saranno capitali italiane della Cultura 2022. L'incanto delle casette colorate di Procida, la sua storia e il motto «La Cultura non isola» hanno convinto la commissione Mibact a far piombare il titolo (e il milione di euro) nel golfo campano delle Flegree, su un territorio che ha un perimetro di appena 16 chilometri e che Giovenale nelle Satire definiva già un'oasi della tranquillità.
Tutti pro-Procida, con un gioco di parole e di rime che può diventare Procida-omicida delle speranze pugliesi. Ma il fair play ha caratterizzato ieri una giornata importante, in cui lo stesso presidente della Giuria, Stefano Baia Curioni, ha riconosciuto che tutti i progetti «di altissima qualità» meritavano la vittoria. Riscatto è stata la parola usata dal sindaco dell'isoletta multicolore, orgoglioso della designazione, mentre tutte le reazioni pugliesi promettono bene, visto che il sindaco di Bari, Antonio Decaro, ha puntato sull'idea della continuità di un percorso di un Sud testardo e intraprendente, come l'ha definito, lanciando anche un abbraccio (no Covid!) a Taranto, città con la quale si individuano itinerari comuni. E lo stesso assessore barese alla Cultura, Ines Pierucci, ha promesso che tutti gli eventi previsti dovranno andare in porto. Questo è il risultato più anti-depressivo che va sottolineato, perché – a chi ci ha creduto e a chi non ci ha creduto – va detto che la vera manna dal Cielo di San Nicola di questa «gara-non-gara» è stata l'aver messo attorno a un tavolo trecento associazioni, decine di esperti, tante menti capaci di fare rete. E questo in tempi in cui la distanza aumentata per forza di cose e per quella tradizionale (in)cultura del far da sé caratterizza purtroppo i programmi amministrativi delle città e delle regioni.
Si è sbagliato a candidare due città della stessa regione? Si doveva scegliere prima? Nessuna era all'altezza? Ormai si può dire ogni cosa. Tutto è possibile, ma bisogna guardare alla realtà. Se c'è qualcosa che vince in questa sfida persa è proprio la riflessione, questa voglia di programmare dalla quale non possiamo, non dobbiamo più esimerci. Il virus ha fatto il peggio, ma nessuno è assolto dalla provvisorietà in cui spesso si decidono le cose, senza garantire programmi a lungo raggio. La «lezione» della Capitale italiana della Cultura è davvero nell'istinto a creare percorsi, a individuare strade e non finanziamenti a pioggia (anzi, pioggerellina) dei quali si lamentano gli operatori culturali.
Non saremo capitale ma Bari e Taranto con la Grecìa Salentina possono far tesoro di questa esperienza e noi saremo qui, nel 2022 – speriamo – a vedere e raccontare se queste promesse saranno realtà, se davvero a Bari nascerà una Fiera del libro, se davvero avremo il più bel corteo storico e se Taranto metterà in atto quelle politiche sui giovani e sulla città che rispondevano al grido «Cambiamo il clima» psicologico ed economico di una terra meravigliosa, così come spiegato nel dossier. Fare e non attendere, ha detto il sindaco Rinaldo Melucci nell'intervista rilasciata alla Gazzetta e lo stesso ha annunciato Decaro, lasciando immaginare un orizzonte al di là di questi terribili mesi off, in cui l'on di accendere un programma è atteso e godibile, è in divenire e per questo ancora più effervescente, sotto il peso delle città svuotate la sera o riempite solo di giorno per la corsa alla spesa. Ecco, la spesa di cultura c'è e ci sarà, ci dicono... e speriamo di vedere tempi migliori. La gara degli spot, uno firmato da Alessandro Piva per Bari e l'altro da Pippo Mezzapesa per Taranto, ha appassionato gli spiriti in questi giorni, compulsando le memorie dei cellulari e invadendo le chat. Ma al di là di tutto, che ci si fermi a guardarci dentro, che ci si appassioni alle immagini (siamo nella civiltà dei video, non possiamo esimerci), è un fatto. Se questo collegamento fosse davvero partecipativo, se questi animi diventassero davvero sociali e non solo social, se riuscissimo a essere un po' meno disfattisti, sarebbe già un traguardo. Si accenderebbe un motore rombante per sentirsi non proprio capitali ma almeno vice-capitali di un progresso globale, partecipato, condiviso.
Altro che Blue monday, giorno più triste dell'anno. Ieri le nuvole velocissime sui cieli di Bari e di Taranto avevano una luce perfetta, segnavano l'orizzonte infinito dei mari, della voglia di mollare gli ormeggi e partire con un vento gelido a sferzare e svegliare i volti. Lo dicono i marinai: solo chi esita è perduto.
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