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Il bello in mascherina di chi getta la maschera

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Il bello in mascherina di chi getta la maschera

Da quando usciamo mascherati, abbiamo sagome diverse

Mercoledì 21 Ottobre 2020, 15:17

Da quando usciamo mascherati, abbiamo sagome diverse. Il vicino di casa dal baffo sexy si è trasformato in un insignificante commercialista con occhialini tondi; la mora aggressiva che è alla cassa del panificio, con cuffietta e mascherina, ha assunto l'aria di una suora-laica-infermiera, tra l'altro un po' ingrassata. Quanto toglie alla nostra identità quella parte inferiore del viso che il virus ci costringe a mandare in quarantena rispetto agli occhi del mondo? Il tema è decisamente secondario rispetto a tutto quello che sta accadendo, in un anno che manco l'invasione delle cavallette o dei marziani di Orson Welles potevano farci presagire. Sembra di vivere in un film (speriamo a lieto fine), sembra di ripercorrere le ere più buie del passato.

Guardatevi attorno: molti di noi hanno già l'aspetto di zombie, ancora prima che scatti l'ora disgustosa e cretina – parafrasando il presidente della Regione Campania De Luca! - della notte di Halloween. Alcuni psichiatri lanciano l'allarme depressione, altri dicono che il mondo non dorme, che stiamo abusando di melatonina, che servono aiuti psicologici e non solo economici. Il male oscuro dilaga tra noi e pure il “respiro corto” (hai voglia a fare yoga...): tanto per confermare che i corsi e ricorsi storici esistono, ecco che si diffonde un piccolo brano scritto dal poeta e scrittore austriaco Stefan Zweig, il quale – erano i tempi della prima guerra mondiale – descriveva appunto il respiro corto e agitato di milioni di essere umani dicendo che “Più breve è ora il sonno del mondo... più lunghe le notti e più lunghi i giorni”. E ci risiamo, anche se per fortuna siamo in tempi di pace e non ci scoppiano granate sotto i piedi o non ci bombardano sulla città (ci manca solo quello!). E però il virus che dilaga ci intimorisce. Come reagire? Impossibile una ricetta unica, a ciascuno la forza di scovare nell'infinito mare di risorse che è l'animo umano e di trovare la forza per “scavalcare” il periodo e proiettarsi verso tempi migliori.

Se proprio non ci riusciamo, tentiamo con la fantasia, che alla fine fa parte del nostro corredo naturale intoccabile persino dalla più potente carica di goccioline. E allora, eccoci a guardare il mondo mascherato, a inventare personaggi, a trasformare visioni. Se vi sembra un gioco perverso per distanziarvi (verbo non casuale) malamente dalla realtà, lasciate stare. Ma se v'intriga, provateci. Perché in fondo, lasciando in pace Pirandello e le sue profetiche maschere (“Incontrerai lungo il tragitto della tua vita tante maschere e pochi volti”), il nostro “coprifaccia” attuale non è poi tanto distante dall'essere nati umani. Non ci credete? Andate a cercare l'origine della parola “persona”: ebbene, viene proprio da una piccola voce dotta etrusca, phersu, che era riferita alla maschera teatrale. Incredibile, qui il cerchio si chiude: siamo persone, siamo maschere e ora siamo pure imbavagliati dalle mascherine. Che destino. Gianni Rodari ci avrebbe fatto una filastrocca.

Uomini e donne perdono charme, riconosciamolo. Sorridiamo sotto la chirurgica e chi ci sta guardando non lo capisce (addio ironia); parliamo sotto la Fp2 e il nostro interlocutore non sente (addio comprensione); ci imbellettiamo, ci tiriamo le rughe, ma chi ci osserva chiede se usiamo “quella con la valvola” perché protegge di più. Che tempi aridi... in assenza di droplets! Ma giocare con l'immaginazione, che – ricordiamolo – Cartesio metteva al primo posto nel percorso verso la ragione, si può. Yes, you can. Puoi divertirti e sorprenderti nel vedere che il collega incontrato in assemblea ha assunto la possanza mussoliniana ora che lo scalpo della calvizie domina il volto mascherato; o che tua suocera è talmente magra da richiedere mascherine su misura e da somigliare ad Angelina Jolie quando pesava 34 chili. Mille altre vaghe e ilari affinità possono riempire il vuoto delle nostre serate pronte al coprifuoco. In un mondo che sembra un teatro e che un amore globale vero, un afflato non mascherato verso l'Altro, può rendere meno tragico. Il premier Conte si è rivolto alla ditta Fedez-Ferragni per diffondere il verbo della mascherina. Noi, con meno scalpore, rivolgiamoci a noi stessi: indossiamola e ridiamoci sopra. Anzi, sotto.

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