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La giusta distanza tra regole e libertà

 
Sergio Lorusso

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Sergio Lorusso

Coronavirus, firmato nuovo Dpcm: stop feste private, chiusura bar alle 24

la consapevolezza è che i sacrifici richiesti oggi sono temporanei e la contropartita non indifferente consiste nel preservare le proprie vite, limitando al massimo il dilagare del Covid-19

Mercoledì 14 Ottobre 2020, 16:03

L’antefatto sembrava inquietante, ipotizzando la possibilità che le forze dell’ordine – magari sull’onda della delazione di un vicino – potessero irrompere nelle abitazioni private per verificare il rispetto delle regole numeriche di permanenza. Previsione chiaramente incostituzionale, che si è tradotta in una “forte raccomandazione” ad evitare feste in casa e a rispettare quel livello di guardia indicato dagli esperti come soglia accettabile di persone non conviventi presenti.

In sostanza, un appello alla coscienza di ciascuno (al pari di quello ad indossare la mascherina nelle proprie abitazioni in presenza di non conviventi), nella consapevolezza che solo mediante la collaborazione attiva di ognuno si potrà tener testa a un virus di nuovo in preoccupante crescita.

Quello stesso appello che è stato largamente ignorato dai forzati della movida, contribuendo al nuovo dilagare del Coronavirus. E non è un caso che sia proprio quest’ultimo uno dei terreni su cui incide più pesantemente il nuovo Dpcm, vietando lo stazionamento nei pressi di locali a partire dalle ventuno e fissando a mezzanotte l’orario di chiusura di pub, ristoranti e locali.

Non sono mancate, anche in questa circostanza, le critiche – di tenore più o meno aspro – per la loro incidenza sulle libertà individuali. Le limitazioni, tuttavia, vanno lette non in maniera astratta ma nel contesto in cui sono maturate. Sulla base, cioè, della situazione presente ma anche della possibile evoluzione futura, a quanto pare affatto tranquillizzante. Nonostante le rassicurazioni del premier Giuseppe Conte, difatti, potrebbero concretizzarsi scenari drammatici che – qualora l’indice di riproduzione (Rt) dovesse passare dall’attuale 1,06 all’1,5 su base regionale – non escludono neanche il lockdown totale, le cui conseguenze nefaste per l’economia sono ormai a tutti note. A dirlo è l’Istituto superiore di Sanità. Più probabili sono, a detta del virologo Fabrizio Pregliasco, lockdown regionali per i quali «sarebbe solo questione di tempo».
A meno di non voler aggregarsi alla (fortunatamente esigua) schiera dei complottisti e dei negazionisti, insomma, occorre fare i conti con i dati scientifici, con una realtà assai allarmante che – se non contrastata nella maniera più efficace possibile – rischia di far precipitare il Paese in una voragine non molto dissimile da quella apertasi all’improvviso all’inizio dell’anno. Queste misure, insomma, vanno lette come un “preavviso” di soluzioni più drastiche – lockdown nazionale o regionali – che diverrebbero poi inevitabili.

Non è detto che la terapia funzioni. Quel che traspare è l’intento del governo di agire quanto più possibile su comportamenti che non impattino (o che impattino in maniera circoscritta) sull’economia: riunioni familiari, amicali, feste, competizioni sportive amatoriali. Restano delle criticità, perché assembramenti e affollamenti non sono soltanto quelli interessati dal provvedimento di ieri: cosa accade all’uscita dalle scuole? E quale distanziamento può attuarsi sui mezzi di trasporto pubblici? L’unica alternativa possibile, tuttavia, sarebbe quella dei lockdown mirati, parziali o totali, che l’esecutivo sembra tenere come carte di riserva.

Come in passato, l’introduzione di regole restrittive dell’ordinaria sfera di libertà ha suscitato reazioni contrastanti. Grida d’allarme per una “torsione” della democrazia o, al contrario, misure ritenute severe ma non adeguate a contrastare l’incedere dell’epidemia.

Ora, nessun dubbio che veder limitate alcune abitudini e alcune attività costituisca una deminutio della propria libertà – che fino poco tempo fa davamo per scontata e che invece è il frutto di secoli di battaglie e di conquiste – e soprattutto un danno per i settori economici interessati, ma è altrettanto vero che occorre comparare gli interessi contrapposti. Il diritto alla salute, da un lato, che non può essere messo in pericolo da comportamenti superficiali posti in essere da chi dimostra di avere scarsa sensibilità sociale, da un lato; la libertà individuale e il diritto al lavoro dall’altro. E nella comparazione non v’è dubbio che debba prevalere il primo, propedeutico a tutti gli altri. Occorre rinunciare a qualcosa.
Occorre scegliere, insomma, il male minore.

L’importante è che il sacrificio sia circoscritto allo stretto necessario, che si riesca – operazione tutt’altro che facile – a stabilire la giusta distanza tra regole e libertà, che le prime siano paradossalmente funzionali alle seconde, nella consapevolezza che i sacrifici richiesti oggi sono dei sacrifici temporanei la cui contropartita non indifferente consiste nel preservare le proprie vite, limitando al massimo il dilagare del Covid-19. Solo in questo modo, al termine della notte, si potrà ricominciare a fruire pienamente di quelle libertà compresse (e non soppresse) in conseguenza di un’emergenza pandemica che nessuno avrebbe immaginato potesse condizionare in maniera così pesante la nostra quotidianità.

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