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Per la politica sta per arrivare una stagione spartiacque

 
Francesco Giorgino

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Francesco Giorgino

Per la politica sta per arrivare una stagione spartiacque

Economia, «vedere per prevedere, prevedere per provvedere»: proviamo a «vedere» cosa sta accadendo in questa fine 2019

Lunedì 30 Dicembre 2019, 15:42

Diceva Galbraith che le previsioni economiche hanno la funzione principale di rendere rispettabile persino l’astrologia. Benjamin Franklin, parecchi decenni prima, aveva sentenziato che è più facile vedere che prevedere, mentre si deve al fondatore della sociologia Comte un convincente gioco linguistico: “vedere per prevedere, prevedere per provvedere”. E allora proviamo a “vedere” cosa sta accadendo in questa fine 2019, per poi “pre-vedere” le emergenze del prossimo anno e segnalare le cose alle quali la politica deve “provvedere”. Partiamo dall’economia. La Bce ha fatto sapere che l’Italia, insieme ad altri sette Paesi dell’Eurozona, deve misurarsi anche nel 2020 con la non conformità al patto di stabilità.

Situazione, nel nostro caso, aggravata dal fatto di avere il secondo debito pubblico più elevato dell’area. Prima di noi solo la Grecia. Le istituzioni europee ci invitano ad affrontare con determinazione il contenimento del debito, nonostante la sua sostenibilità non generi allarmi visto che il livello dei rendimenti dei Btp è ai minimi storici e l’avanzo primario è ancora positivo. La stessa Bce ha rivisto al ribasso le stime di crescita dell’Eurozona portandole all’1,1% per il 2020 e all’1,2% per il 2021. Le previsioni (sempre che non si voglia prendere troppo sul serio Galbraith) consegnano un quadro non rassicurante se comparato con i Paesi delle economie emergenti: sviluppo europeo di quasi cinque punti percentuali in meno. Si teme un deflusso di capitali dal Vecchio Continente a realtà più attrattive come Cina e Brasile. Gli investitori internazionali seguono con attenzione le continue fibrillazioni politiche italiane, anche se nel prossimo anno peseranno soprattutto gli effetti della Brexit e delle elezioni americane. Queste ultime di grande importanza per capire come si evolveranno i rapporti tra Stati Uniti e Cina dal punto di vista geopolitico e geoeconomico.
Tornando all’Italia, se l’export continua a registrare segnali molto positivi (nei primi dieci mesi del 2019 siamo arrivati ad un attivo di oltre 43 miliardi) calano invece import e domanda interna. Le famiglie tendono a risparmiare. Secondo alcuni osservatori, questa situazione dipende soprattutto da politiche fiscali restrittive. L’economia del Sud è ferma. Dopo quattro anni di crescita, l’indice elaborato da Confindustria torna a calare attestandosi trenta punti sotto i livelli antecedenti alla crisi. La paura è che il Mezzogiorno si avvolga in una spirale recessiva che aumenterebbe il divario con il Nord. Con la manovra economica varata dal secondo governo Conte ed approvata dalle Camere, incluso ovviamente il pacchetto di misure sul Sud, si riuscirà ad invertire la tendenza? Per rispondere a questa domanda occorre sottolineare, ancora una volta, l’importanza di una programmazione a medio e lungo termine, possibile solo in presenza di un quadro politico certo e stabile. Indipendentemente dal colore del governo. Ed è qui che le valutazioni economiche intercettano quelle politiche.

Con passo da maratoneta, Conte punta alla scadenza naturale della legislatura. Sulla sua marcia, tuttavia, ci sono non pochi ostacoli, a partire già dai primi giorni del 2020: il vertice di governo sulla prescrizione; l’ipotesi di nascita di una quinta gamba della maggioranza dopo le dimissioni di Fioramonti; l’individuazione di alcune priorità tra i trenta punti dell’accordo siglato ad agosto con gli alleati; il risultato delle elezioni in Emilia Romagna e Calabria; il voto sulla vicenda Salvini-Gregoretti; la decisione sui decreti sicurezza e quella sul Mes che dovrà essere approvato in Europa entro febbraio; il referendum sulla riduzione del numero dei parlamentari e quello sul maggioritario; i dossier Autostrade, Ilva e Alitalia; le nomine. Gennaio sarà un mese assai complicato. Conte dovrà continuare a mediare tra Cinque Stelle e Dem, ma anche tra questi ultimi e Renzi. Che non rinuncerà a far pesare la sua presenza all’interno della maggioranza con l’intento di sottrarre voti agli ex compagni di partito. Più si rafforza il rapporto tra Conte e Zingaretti, più Renzi proverà a marcare il territorio. Anche per battere sul tempo il leader di Italia Viva, Zingaretti farà di tutto per indurre il premier a riconoscere come priorità fisco, famiglia e scuola. Lo inviterà nel contempo a trovare una mediazione sulla riforma della prescrizione, che non piace affatto al fronte garantista. Del quale fa parte il senatore di Rignano.

Di Maio è alle prese con un dibattito interno al Movimento che assomiglia più ad un manifesto del “tafazzismo” che ad altro. I Cinque Stelle sono chiamati a cambiare sé stessi, dopo aver ricevuto dagli elettori il mandato a cambiare la politica. Che senso ha provare a mettere in discussione a giorni alterni la leadership di Di Maio, come fanno alcuni parlamentari pentastellati, specie a fronte delle ripetute investiture di fiducia che il capo politico ha ricevuto dagli iscritti (attraverso i voti sulla piattaforma Rousseau) e da Beppe Grillo e Casaleggio? Un conto è la normale dialettica, a maggior ragione in un soggetto politico nato anche per agevolare la partecipazione della base ai processi decisionali più rilevanti, altro sono gli atti di autolesionismo. Rassicurato da Conte che Palazzo Chigi non sta puntando alla costituzione di un gruppo parlamentare alle sue dirette dipendenze, nell’agenda di Di Maio ci sono almeno quattro priorità: evitare scissioni interne al Movimento; ridurre la pressione fiscale per famiglie e piccole imprese; controllare in modo più incisivo le banche per tutelare i risparmiatori; revocare le concessioni autostradali con l’affidamento ad Anas e con la riduzione del costo dei pedaggi autostradali.

Quanto all’opposizione, si è già detto delle aspettative di Salvini sulle regionali, a partire da Emilia Romagna e Toscana. Nel complesso le sfide del Capitano per il 2020 restano tre: trasformare nei fatti la Lega Nord in partito nazionale (da questo punto di vista sarà importante verificare l’esito delle elezioni in Calabria, Puglia e Campania); tenere unito il centrodestra, gestendo da una posizione di forza il rapporto con la Meloni, sempre più performante dal punto di vista elettorale; ottenere le elezioni, giocando la carta dell’alternativa a Conte, respingendo nel frattempo la minaccia giudiziaria. Il 2020 sarà un anno spartiacque per la politica italiana. Comunque vada.

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