Se è vero che pochi italiani capiscono quello che leggono, anche questo articolo sarà incompreso. Ma proviamo a cambiare l’ordine e il senso delle notizie circolate in questi giorni: davvero possiamo credere che i ragazzi «made in Italy» siano davvero così asini rispetto al resto del mondo? E che quelli meridionali lo siano ancora di più?
I giornali di ieri sono stati inondati di commenti relativi all’ultimo Rapporto Ocse, presentato con tutte le cifre negative sulla capacità... d’intendere e di volere dello studente medio italiano. Non per far difesa di casta e di origine geografica, ma il risultato di questo sondaggio desta un po’ di sorpresa. Da dove saranno andati a prendere gli 11.785 studenti italiani, divisi in 550 scuole, che hanno fatto da campione per la statistica? Sono risultati - stando alla media delle risposte - inferiori nella capacità di leggere rispetto agli altri giovani (tra il 23mo e il 29mo posto della classifica), mentre ai primi posti figurano gli studenti cinesi e di Singapore. La classifica poi peggiora se si prendono gli studenti del Sud Italia: addirittura la capacità di capire va a picco anche rispetto agli anni precedenti.
Vogliamo credere alla serietà di questo Rapporto internazionale, per carità. Ma a volte i commentatori raccolgono i dati e imbastiscono editoriali che lanciano inutili strali. Infatti, basterebbe dire che solo 24 ore prima erano state rese note ben altre statistiche, quelle di una ripresa della vendita dei libri, addirittura un più 6% del fatturato delle piccole case editrici nei primi 11 mesi del 2019. Incredibile: o leggono solo gli anziani e presbiti o i libri si vendono e i giovani non li capiscono. Cosa che può anche essere possibile, ma - pensate - i ragazzi di oggi leggono e scrivono sul web e sui dannati cellulari molto più di quanto non facessero gli adolescenti di qualche anno fa. È una comunicazione spesso banale, idiota, come volete. Ma non sempre e non tutta. Sempre lettura è!
Studiano di meno? Mah, sembra strano il fatto che nella stessa classifica, i nostri italioti coi brufoli (a proposito, che fine hanno fatto? Si vedono più tatuaggi che brufoli) risultano bravi in matematica, disciplina che certo non si apprende per miracolo, ma per fatica e impegno.
«Perché festeggiamo “Thanksgiving” noi americani? Scusa non ricordo il motivo», chiedeva l’altro giorno una biondissima americana che per un anno frequenta un liceo a Bari per un programma di scambi interculturali. «È la vecchia tradizione del ringraziamento per il raccolto!», è stata la risposta. «Ah, grazie. Ma voi italiani sapete tutto!». Piccolo siparietto che non è universale, ma serve a spiegare quante carenze siano diffuse al mondo. Anche le scuole più accessoriate che il Sud Italia non ha nemmeno mai sognato (anche qui c’è stato un sondaggio con dati nei giorni scorsi, ad opera della Fondazione Agnelli) trasudano ignoranza.
L’Italia ha la mania di gettarsi il fango addosso, di vivere con bassissima autostima (fatta eccezione che per qualche «campione» come Salvini, Di Maio e Renzi). L’Italia ha la mania di non sapersi valutare (anche qui, fatta eccezione per Salvini, Di Maio, Renzi). L’Italia è affetta dalla sindrome dello sminuirsi (uffa, anche qui le dovute eccezioni di nome Salvini, Di Maio, Renzi). E quindi chi ha risposto al Rapporto sull’incapacità di leggere? I ragazzi italiani che sgobbano - ce ne sono, credeteci - che faticano ogni giorno tra un bus e un vocabolario; che piangono lacrime amare quando non sono valutati per il loro sforzo? O i nostri amministratori che a volte, tra una gaffe e l’altra, usano i copia e incolla per i discorsi, o leggono la nostra voglia di futuro e non la capiscono?