In un mondo che non conosce più la notte, l’inquinamento luminoso si afferma come una delle minacce più subdole alla salute pubblica e all’ambiente, pur rimanendo tra le più sottovalutate. La luce artificiale si è trasformata in un agente di rischio per condizioni patologiche sempre più diffuse: obesità, diabete, malattie cardiovascolari, depressione e ictus. Oggi l’esposizione notturna alla luce è un vero acceleratore di malattie croniche.
Uno studio su JAMA Internal Medicine ha evidenziato che le donne esposte a luce durante il sonno presentavano un rischio del 17% più elevato di diventare obese in cinque anni. Il National Institute of Environmental Health Sciences degli USA ha mostrato che il disturbo del ritmo circadiano altera la regolazione degli ormoni della fame, favorendo sovrappeso e obesità. Chi lavora su turni notturni è esposto a rischi ancora maggiori: secondo l’OMS, ha un rischio del 23% superiore di sviluppare malattie coronariche. Inoltre, uno studio dell’Università di Surrey ha dimostrato che stare svegli a lungo sotto luce artificiale altera oltre 700 geni, influenzando negativamente riparazione cellulare, infiammazione e sistema immunitario. Ma non è solo il corpo a soffrire. La privazione del naturale ciclo luce-buio riduce attenzione, concentrazione e capacità di apprendimento. Un’indagine dell’American Psychological Association ha collegato l’eccesso di luce notturna a un aumento del 30% dei disturbi d’ansia e della depressione, con un impatto particolarmente grave sui giovani. Disturbare la notte significa disturbare il nostro equilibrio più profondo, rompere quell’alleanza millenaria con il ritmo circadiano che ha regolato la vita biologica sulla Terra. Per decenni abbiamo considerato l’illuminazione un simbolo di progresso.
Oggi sappiamo che la luce artificiale in eccesso va trattata come una contaminazione ambientale, come l’inquinamento dell’aria o delle acque. L’Agenzia Europea dell’Ambiente l’ha inserita tra i principali fattori di degrado urbano: oltre il 99% degli europei che vivono in aree densamente popolate è esposto a livelli notturni anomali. L’Italia è il Paese del G20 più colpito. Oltre il 75% degli italiani non riesce più a vedere la Via Lattea da casa. In molte regioni, come Lombardia e Veneto, la visibilità delle stelle è limitata ai corpi celesti più brillanti. A Milano, secondo il World Atlas of Artificial Night Sky Brightness, la notte è circa dieci volte più luminosa del livello raccomandato per un sonno sano. Anche in Germania e Spagna il problema cresce: a Madrid, l’inquinamento luminoso è aumentato del 13% in meno di dieci anni. Secondo uno studio pubblicato su Science Advances, la luce artificiale è responsabile di una drastica riduzione della biodiversità notturna. Gli insetti, in particolare, risultano tra le vittime più silenziose. Una ricerca su Nature Ecology & Evolution stima che circa il 50% delle specie di lepidotteri notturni ha visto ridurre la propria popolazione negli ultimi due decenni, anche a causa dell’inquinamento luminoso che ne altera i cicli vitali. Le falene, impollinatrici fondamentali per molte piante notturne, non riescono più a completare i loro rituali di accoppiamento né a impollinare correttamente, con effetti a cascata sugli ecosistemi. La catena degli effetti si estende agli uccelli migratori, che fanno affidamento sulle stelle per orientarsi: uno studio pubblicato su Proceedings of the Royal Society B ha dimostrato che l’inquinamento luminoso induce errori di rotta, disorientamento e un drammatico incremento della mortalità dovuta a collisioni con edifici illuminati.
Anche i pipistrelli, predatori notturni cruciali per il controllo degli insetti, evitano aree sovrailluminate, perdendo habitat e risorse alimentari. Le piante stesse non sono immuni. Uno studio pubblicato su Global Change Biology ha documentato che l’illuminazione artificiale può modificare la fioritura, interrompere l’impollinazione e persino influenzare i ritmi di crescita, alterando gli equilibri di interi ecosistemi urbani e rurali.
L’inquinamento luminoso ha anche ricadute climatiche. L’illuminazione pubblica rappresenta infatti circa il 50% della spesa energetica dei comuni europei e si stima che il 30% della luce emessa sia sprecata, irradiata verso l’alto o dispersa senza utilità. Questo comporta non solo ingenti sprechi economici - l’Agenzia Internazionale per l’Energia calcola circa 6 miliardi di dollari annui - ma anche un pesante contributo alle emissioni di gas serra, aggravando la crisi climatica globale. Ridurre l’inquinamento luminoso, dunque, significa anche combattere il riscaldamento globale.
Alcune città hanno iniziato a cambiare rotta. A Lione, grazie al progetto «Plan Lumière», è stato possibile ridurre del 35% l’illuminazione pubblica notturna mantenendo standard elevati di sicurezza urbana. A Fulda, in Germania, l’impegno per la protezione del cielo notturno è stato premiato con il riconoscimento di «International Dark Sky Community». Anche piccoli interventi come l’installazione di lampioni schermati, l’uso di luci LED a temperatura calda e la limitazione degli orari di accensione possono fare una differenza significativa. Ogni cielo stellato che si spegne ci priva di una parte della nostra umanità. Proteggere il buio significa tutelare la salute, la biodiversità e il pianeta. Se più di sette secoli fa Dante, volgendo lo sguardo a una notte intatta, scriveva «e quindi uscimmo a riveder le stelle», oggi dobbiamo domandarci se saremo ancora capaci di ritrovare quella stessa meraviglia, o se l’avremo lasciata svanire per sempre.